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Pregiudizi di genere: oltre il potere, verso la condivisione

La rubrica Progetto Spazio Psicologico a cura di PLP

di Elisa Mulone
Psicologa e psicoterapeuta
Presidente Nazionale PLP

 

Abbiamo affrontato questo tema in un precedente contributo pubblicato per lo Spazio Psicologico il 15 luglio 2020.

Lo riprendiamo perché siamo lontani da una risoluzione costruttiva della questione ed è necessario aprire nuovi spazi di riflessione che spingano ad azioni concrete. Con questo intento, la Giunta regionale del Lazio di Confprofessioni ha organizzato l’evento online dal titolo Questioni di genere: professionisti, istituzioni e cultura per l’attuazione delle pari opportunità”, visibile sulla pagina Fb di Confprofessioni.

Diversi sono i livelli che concorrono al mantenimento delle disparità di genere: psicologico, culturale, educativo, economico, sociale.

Ci sono stereotipi e pregiudizi da cui ognuno di noi è influenzato più o meno pervasivamente. Ce lo dimostrano le ricerche scientifiche della prof.ssa Elisabetta Camussi da cui emergono stereotipi e pregiudizi anche dal femminile al femminile. Ad es: “Come può una donna che è dedita alla carriera essere una brava madre?”.

E ce lo conferma Paola Di Nicola che, a distanza di anni dal suo ingresso in magistratura, ha scelto di iniziare a firmarsi La Giudice. Nel suo libro “La mia parola contro la sua” ci racconta con naturalezza come lei, per prima, abbia assecondato le aspettative sociali legate ad uno dei suoi ruoli. “Credo che non ci sia stata cena nella mia vita in cui non abbia dovuto rispondere alle domande su ingredienti e tempi di cottura. Nessuno ha mai rivolto quelle domande a Francesco, seduto a tavola accanto a me, come se fosse ovvio e scontato che fossi io la cuoca e non lui. Eppure facciamo lo stesso lavoro, abbiamo gli stessi orari, torniamo entrambi la sera”. E se la regina della casa si dà per scontato essere la donna, in un ristorante stellato nell’immaginario collettivo, lo chef è un uomo!

Dal punto di vista linguistico, come si legge nelle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, estratto da “Il sessismo nella lingua italiana” a cura di Alma Sabatini per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna che risalgono al 1987, “L’uso di un termine anziché di un altro comporta una modificazione nel pensiero e nell’atteggiamento di chi lo pronuncia e quindi di chi lo ascolta. La parola è una materializzazione, un’azione vera e propria. È altrettanto chiaro che il valore semantico è strettamente legato al contesto linguistico ed extralinguistico in rapporto dinamico. Ciò che conta non è, quindi, il puro e semplice uso della parola diversa come “lip service”, bensì un cambiamento più sostanziale dell’atteggiamento nei confronti della donna, un senso che traspaia attraverso la scelta linguistica”.

Appare evidente che il problema della declinazione si pone soltanto per ruoli che rivestono un prestigio sociale e per i quali era precluso l’accesso alle donne fino a poco tempo fa.

Dare un nome permette di far esistere, di rendere visibile e di dare valore. Al di là della predilezione per un’accezione piuttosto che per un’altra, la vera sfida è che ognuno possa scegliere la definizione in cui si riconosce pienamente.

Come afferma lo scrittore Lorenzo Gasparrini, gli stereotipi e i pregiudizi non penalizzano solo le donne, ma anche gli uomini ingabbiati in un unico modello di mascolinità a cui uniformarsi.

Chiude la prima tavola rotonda dell’evento Eugenia Romanelli, Presidente dell’Associazione Culturale ReWriters e a capo della omonima testata giornalistica “nata con la mission di tracciare nuovi orizzonti di senso in cui costruire un modo diverso di stare al mondo: sostenibile, inclusivo, responsabile, felice”. Ed è proprio la riscrittura dei rapporti tra uomini e donne il punto di arrivo di una reale parità, di una società migliore in cui poter camminare accanto, non contro, rinunciando alle lotte di potere.

Il dialogo è proseguito con un ricco confronto con la vicepresidente Confrofessioni Claudia Alessandrelli, la giornalista Daniela Molina e le onorevoli Eleonora Mattia e Chiara Gribaudo su cosa possa agevolare a livello pratico le lavoratrici e su come la politica e le istituzioni possano agire per contrastare il gender gap mettendo insieme sinergie e pluralità di competenze.

Per una società migliore è necessaria una visione plurale che dia spazio alla ricchezza delle diversità e all’espressione di ogni essere umano. Certo è che l’attuazione delle pari opportunità presuppone lo sdoganamento dei ruoli sociali che passi da una rivoluzione culturale in grado di aiutare uomini e donne a crescere come pari e non come rivali.