Un punto su Fondi e formazione continua

L’Intervista a Davide Premutico, ricercatore Isfol. Dalla newsletter di Fondoprofessioni – luglio 2016 Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, con la pubblicazione del XVI Rapporto, ha delineato un preciso quadro dello stato della formazione continua in Italia per le annualità 2014 e 2015. Crescita della partecipazione degli adulti alle attività formative,
L’Intervista a Davide Premutico, ricercatore Isfol. Dalla newsletter di Fondoprofessioni – luglio 2016

Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, con la pubblicazione del XVI Rapporto, ha delineato un preciso quadro dello stato della formazione continua in Italia per le annualità 2014 e 2015.

Crescita della partecipazione degli adulti alle attività formative, incremento dell’adesione ai Fondi Interprofessionali, sviluppo di azioni formative a vantaggio di micro e piccole imprese. Sono solo alcuni degli elementi che emergono dal Rapporto. Per approfondire, in particolare, quanto emerso in relazione ai Fondi Interprofessionali abbiamo intervistato Davide Premutico, Ricercatore Isfol e curatore del volume.

 

D. Dott. Premutico, dal XVI Rapporto sulla forma-zione continua in Italia emerge una crescita dell’adesione ai Fondi Interprofessionali, come commenta questo trend?

R. Ogni anno assistiamo ad una crescita delle adesioni che ovviamente è meno intensa rispetto a quanto registrato nei primi 6-7 anni di esistenza dei Fondi interprofessionali. Con un nuovo metodo di calcolo adottato in quest’ultimo Rapporto, che consente una migliore pulizia dei dati INPS, si deduce che l’incremento di adesioni è stato di circa il 3%, soprattutto dovuto a una maggiore quota di adesioni da parte delle micro e piccole imprese. Su questo andamento influisce indubbiamente l’impossibilità ad attingere ad altri finanziamenti di sostegno per la formazione (quelli di parte Regionale) e allo stesso tempo alla riduzione, dai tempi della crisi, del budget che le imprese stanziano per la formazione. Non vi è dubbio, inoltre, che vi sia anche una percezione da parte delle imprese che i Fondi siano ormai organismi che hanno una buona capacità di gestione, di promozione e selezione dell’offerta formativa.

Da nostre indagini sappiamo che, in alcuni contesti, le imprese fanno formazione con risorse che derivano per l’80%/90% dai Fondi interprofessionali, il che fa comprendere ulteriormente che i prelievi divenuti ormai strutturali sulle risorse della formazione finanziata, finiscono per incidere direttamente sulla capacità di aggiornamento da parte delle imprese e, quindi, di essere competitive sui mercati.

 

D. Anche rispetto alle adesioni ai Fondi permane una differenza tra Nord e Sud del Paese?

R. Il gap tra regioni del Nord e del Sud nelle adesioni si sta progressivamente colmando. Ormai i tassi di adesione di alcune regioni meridionali sono del tutto confrontabili con quelle del Nord, specie Nord-ovest, mentre ancora un po’ distante risulta l’area del Nord-Est, con Veneto ed Emilia Romagna che continuano ad essere le regioni in cui si riscontrano i maggiori tassi di adesione. Semmai l’area che risulta ancora piuttosto impermeabile è quella centrale, specie Lazio e Toscana. A oltre 10 anni dall’avvio dei Fondi, difficilmente si può affermare che le resistenze verso l’adesione siano dovute unicamente alla mancanza di informazione: semmai stanno incidendo altri fattori legati soprattutto all’assenza di una vera cultura della formazione, che non viene valutata per le sue ricadute benefiche, e in alcuni ambiti ad una certa difficoltà della stessa offerta formativa a organizzare la domanda.

Piuttosto il vero divario tra Nord e Sud lo si manifesta per quanto riguarda l’accesso ai finanziamenti. Come si deduce nel Rapporto, l’incidenza territoriale dei piani approvati dai fondi interprofessionali non è coerente con la distribuzione delle adesioni nelle diverse aree del Paese.

Il Nord, specie Nord-Ovest, sembra ancora avere maggiori capacità di intercettazione e intermediazione delle risorse disponibili, soprattutto a scapito delle imprese del Sud e delle Isole. Si evidenzia, inoltre, una divaricazione del fenomeno nel tempo, con una tendenza al disallineamento anche delle altre due aree (Nord-Est e Centro). Il fenomeno non è facilmente gestibile e dipende da molti fattori, tra cui, non secondaria è la presenza di grandi imprese proprio concentrate nell’area di Nord-Ovest che hanno una maggiore capacità di organizzare processi formativi, al contrario della struttura produttiva molto più frammentata delle aree meridionali.

 

D. Rispetto al contenuto e ai destinatari delle attività finanziate dai Fondi cosa è stato rilevato nel Rapporto?

R. I dati provenienti dal sistema di monitoraggio dei Fondi interprofessionali subiscono annualmente delle varia-zioni. Tali variazioni possono dipendere soprattutto dalle strategie di finanziamento messe in campo dai Fondi stessi: non vi è dubbio che la riduzione di risorse disponibili, avvenuta soprattutto a partire dal 2012, abbia in parte mutato la strategia di impiego delle risorse, tagliando in molti casi la disponibilità finanziaria potenziale per impresa e lavoratore. In particolare rispetto alle finalità dei piani, nell’anno 2015, si confermano alcune tendenze già registrate in passato: tre i temi maggiormente presenti nei piani, a partire dal “mantenimento/aggiornamento delle competenze”, particolarmente scelto nelle aziende medio-grandi (tra i 50 e i 999 dipendenti), seguito dalla “competitività d’impresa e innovazione” e dalla “formazione obbligatoria” anche in questo caso indicata soprattutto dalle medio-grandi imprese. Nel complesso continua a prevalere una formazione più “conservativa”, seppure alcuni segnali di crescita sono riscontrabili nell’ambito della cosiddetta “competitività settoriale “ (in aumento rispetto al passato) e dello “sviluppo locale” , che rimanda al peso crescente che stanno assumendo anche le esperienze aggregative, spesso proprio di tipo settoriali o territoriali (reti formali e non e in genere cluster). Altre tendenze progressive riguardano una minore incidenza della metodologia d’aula, a vantaggio di quelle esperienziali e di e-learning, una maggiore presenza di piccole medie e micro imprese e, infine, un fenomeno interessante riguarda l’incremento di percorsi formativi che prevedono la certificazione delle competenze. Si tratta, in questo caso, di un aspetto qualificante della formazione. L’incremento di tali certificazioni, seppure rimangono minoritarie, sono dovute soprattutto alle intese che si stanno via via sviluppando tra Regioni e Fondi.

 

D. Fondoprofessioni ha incrementato, negli ultimi anni, il numero delle attività individuali finanziate, si tratta di una scelta in linea con il trend attuale e con le esigenze delle imprese?

R. La formazione cosiddetta individuale ha in realtà una storia relativamente lunga, se pensiamo che alcune regioni, come il Piemonte e il Veneto, ne avevano fatto un pilastro della strategia di offerta formativa sia per lavoratori che per persone in cerca di lavoro fin dalla fine degli anni ’90. Del resto è questa anche una forma molto diffusa in altri paesi europei, come la Gran Bretagna e l’Olanda. Ciò che in effetti stupiva nei primi anni di vita dei Fondi era una certa resistenza a finanziarli, forse perché in essi vi è indubbiamente una oggettiva diversità rispetto ai piani aziendali, settoriali e territoriali, in quanto viene maggiormente palesato l’interesse anche del singolo lavoratore più che nelle altre tipologie: in qualche modo il piano individuale può innestare una mediazione tra 3 soggetti anziché tra le sole parti sociali cofirmatarie dei piani.

Superata questa resistenza, più di natura ‘ideologica’ che concreata, i piani individuali stanno complessivamente crescendo, poiché ormai tutti riconoscono come si tratti di uno strumento agile che è particolarmente adatto alle esigenze delle micro-imprese, ai professionals (profili più tecnici) e al management. L’unica precauzione riguarda la strutturazione dell’offerta, che deve essere meno rigida/standard e più legata ad una lettura puntuale dei bisogni formativi dell’individuo.