Stato dell’Unione, a Firenze la settima edizione

Tema dell’appuntamento, che si è tenuto a Firenze dal 4 al 6 maggio, la cittadinanza europea. Esperti e docenti si sono confrontati sul rapporto tra libera circolazione e solidarietà sociale La cittadinanza europea mette a repentaglio i sistemi sociali nazionali? E’ con questo interrogativo che si è aperta lo scorso 4 maggio una delle sessioni
Tema dell’appuntamento, che si è tenuto a Firenze dal 4 al 6 maggio, la cittadinanza europea. Esperti e docenti si sono confrontati sul rapporto tra libera circolazione e solidarietà sociale

La cittadinanza europea mette a repentaglio i sistemi sociali nazionali? E’ con questo interrogativo che si è aperta lo scorso 4 maggio una delle sessioni dello Stato dell’Unione, un appuntamento annuale per riflettere sulle sfide dell’Unione europea.

Come di consueto all’evento annuale organizzato dall’Istituto Universitario Europeo di Firenze hanno preso parte presidenti, primi ministri, ministri degli esteri, oltre a rappresentanti delle istituzioni europee tra cui il presidente della Commissione europea e del Parlamento europeo. Ad intervenire sull’argomento sono stati ricercatori dell’Istituto fiorentino e docenti universitari.

Sulla situazione attuale relativa alla libera circolazione delle persone e sull’impatto di questa sui sistemi di welfare nazionali si è espressa come prima relatrice Magdalena Bernaciak, ricercatrice senior presso lo European Trade Union Institute, che ha ricordato che negli ultimi anni la libera circolazione all’interno dell’UE sia cresciuta in maniera rilevante, in particolare a seguito dell’allargamento dell’Unione a Est. Sulla base di dati raccolti nel corso di studi sulla materia è emerso che la pressione dell’immigrazione sui sistemi di welfare nazionali, riassunta nel cosiddetto “welfare tourism”, non trova alcun riscontro. I lavoratori immigrati contribuiscono alla crescita dell’occupazione nei paesi ospitanti e, prima di essere fruitori dei servizi sociali, sono contribuenti netti; spesso inoltre essi non sono consapevoli dei diritti sociali loro spettanti, pertanto non ne godono né tantomeno ne abusano.

Anche Maurizio Ferrera, professore di Scienze Politiche all’ Università di Milano ha riportato dati a favore della libera circolazione delle persone nell’UE. Riferendosi ad un sondaggio sulla solidarietà europea condotto in sette Stati europei, ha indicato che prevale il sostegno della maggioranza della popolazione alla libera circolazione e la tolleranza verso gli immigrati, sia in materia di accesso al mercato del lavoro che ai diritti sociali.

Andrew Geddes, professore di Politica, Università di Sheffield e Direttore del Centro di politiche per migrazioni dell’Istituto universitario europeo ha richiamato l’attuale contesto politico caratterizzato dal crescente populismo in diversi paesi europei e da una distinzione netta tra i cittadini cosiddetti ‘mobili’ e quelli radicati nelle comunità locali. Inconfutabili i risultati delle ricerche condotte dall’Osservatorio sulle attitudini del pubblico verso l’immigrazione del Centro che presiede: l’ostilità dei cittadini europei rispetto alla libera circolazione e all’inclusione sociale degli immigrati è tutt’altro che un fenomeno in crescita, seppure esistano evidenti differenze a seconda delle aree geografiche. Il maggiore ostacolo è rappresentato, piuttosto, dall’errata percezione della questione da parte di categorie sociali cosiddette ‘conservatrici’.

Quanto alle minacce di cui sono vittima i sistemi sociali europei, tra le principali Bernaciak ha indicato le politiche di austerity degli ultimi anni, mentre Ferrera ha messo in evidenza le aspettative negative sul futuro e l’assenza di adeguati sistemi di protezione sociale.

Secondo Oliver Garner, ricercatore presso l’Istituto universitario europeo, il rischio per i sistemi di welfare nazionali è legato all’assenza di strumenti efficaci a livello europeo. Vaghe le attuali disposizioni della legislazione secondaria dell’UE in materia di godimento dei diritti sociali nei paesi ospitanti: i cittadini europei ‘mobili’ sono privi della protezione sociale del paese di origine (di cui dopo 6 mesi dalla partenza non possono più usufruire o che comunque, anche in quel lasso di tempo spesso risultano insufficienti) ma anche di quella dello Stato ospitante, a cui non hanno accesso.

Tra le soluzioni per eliminare il diffondersi di una crescente retorica populista contro la libera circolazione intra-europea, Bernaciak propone il rafforzamento del ruolo dei partner sociali, delle Ong e dei sindacati e lo sviluppo di un’efficace legislazione. Ferrera, invece, ritiene opportuno introdurre a livello europeo un pacchetto di misure che includa schemi di finanziamento per alleggerire i costi a carico degli Stati membri, nonché strumenti assicurativi per i lavoratori ‘mobili’, ma anche la promozione del ruolo di leadership dei rappresentanti politici.

Garner suggerisce di introdurre un sistema che permetta a quanti lo desiderano di poter godere di uno status autonomo riconosciuto dalla cittadinanza europea, uno strumento innovativo ed efficace di solidarietà sociale.

Geddes infine, indica tra le misure urgenti un generale ripensamento delle modalità con cui è affrontato negli ultimi anni il tema della libera circolazione, soprattutto coinvolgendo quanti nutrono preoccupazioni ingiustificate; indagare le dinamiche della mobilità, prestando attenzione alle differenti tipologie e al loro impatto sui sistemi sociali nazionali; incoraggiare i decisori politici ad impegnarsi seriamente e ad esercitare la leadership sul tema.

Il successo di un equilibrio efficace tra sviluppo economico e garanzia di diritti sociali, secondo gli esperti intervenuti, dipenderà soprattutto dalla volontà e dall’impegno degli Stati membri per un welfare europeo più inclusivo e efficace.