Rapporto annuale avvocati, Anf: Timidi segnali di ripresa

Positiva la crescita dell’apprezzamento dell’esercizio della professioni con soci di capitale. Necessario non alimentare il senso di paura sul futuro dell’avvocatura. Di seguito la nota dell’Associazione del 21 giugno scorso “Il terzo «Rapporto annuale sull’Avvocatura italiana», elaborato dalla Cassa Forense  in collaborazione con il Censis si conferma utile strumento per fotografare lo stato di salute
Positiva la crescita dell’apprezzamento dell’esercizio della professioni con soci di capitale. Necessario non alimentare il senso di paura sul futuro dell’avvocatura. Di seguito la nota dell’Associazione del 21 giugno scorso

“Il terzo «Rapporto annuale sull’Avvocatura italiana», elaborato dalla Cassa Forense  in collaborazione con il Censis si conferma utile strumento per fotografare lo stato di salute della professione, e metaforicamente possiamo dire che il malato – l’avvocatura – è stazionario, ma per certi versi dà timidi segni di ripresa. La situazione reddituale si è indubbiamente  contratta, considerando che dal 1996 ad oggi è calato di circa il 30% e oggi è pari a 38.437 euro. Va aggiunto però che negli ultimi due anni la discesa si è fermata, e che  nel 1996 gli avvocati iscritti all’albo erano 87mila. Alla fine del 2017 infatti gli iscritti all’albo hanno raggiunto le 242.796 unità, con un tasso di crescita basso, pari allo 0,4%  un valore considerevolmente distante dal picco del +10% registrato nel 1999. In questo arco temporale nel frattempo il volume di affari complessivo generato dagli avvocati è triplicato fino a raggiungere la soglia del 13 miliardi di euro, per effetto della concentrazione, in quanto gli studi strutturati hanno visto aumentare la produttività del 35% e il reddito del 25 per cento. A questo riguardo è importante sottolineare un aspetto colto dall’indagine svolta all’interno dell’avvocatura, che ha campionato più di 11mila avvocati, ovvero un cambio di rotta nella percezione dell’esercizio della professione forense in forma societaria, anche con l’ingresso di soci non professionisti”.

Così l’avvocato Luigi Pansini, relatore oggi, a Roma, alla presentazione del Rapporto annuale sull’avvocatura italiana, in rappresentanza dell’Associazione Nazionale Forense.

“Infatti – continua Pansini – il nuovo contesto socio-economico del paese, l’evoluzione naturale della professione di avvocato e il bisogno di aggregazione tra figure professionali diverse sono circostanze che si sono rivelate più forti di qualsiasi legge ordinamentale forense e hanno confermato che gli avvocati italiani sono pronti alle novità introdotte dalla legge per la concorrenza e il mercato: per  il 25% il socio non professionista apportando capitale può allargare le opportunità per i soci professionisti, mentre un altro 16% ritiene che le clausole sulla composizione dell’organo di gestione, del diritto di voto e sulla quantità del capitale, garantiscano da eventuali interferenze. L’avvocatura deve difendere la giurisdizione, però non deve rinunciare ad opportunità che, come le s.t.a., possono migliorare l’organizzazione del lavoro e la qualità delle prestazioni, favorendo soprattutto le giovani generazioni”.

“E’ un segnale molto importante questo, un’inversione di tendenza che accogliamo con grande favore e che rivendichiamo come associazione con orgoglio avendo per anni combattuto una battaglia contro le fortissime resistenze all’interno dell’avvocatura, anche istituzionale. Oggi anche il Consiglio Nazionale Forense parla di avvocato “imprenditore”; è necessario quindi che il legislatore risolva normativamente gli aspetti fiscali e previdenziali e armonizzi la disciplina sulle società di capitali tra avvocati con quella sulle società tra professionisti. L’Avvocatura deve convincersi che non serve a nulla alimentare il sentimento di paura sul futuro della professione: occorrono, invece, coraggio e visione prospettica per leggere e governare il cambiamento” – conclude Pansini.