Pillole fiscali – giugno 2018

a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi Decreto legge “Dignità”   Professionisti di nuovo fuori dallo split payment Articolo 12 decreto-legge 12/7/18, n. 87  Per i rilevanti immediati effetti che riveste per i professionisti la disposizione contenuta nell’articolo 12 del Decreto legge “dignità” in vigore dal 15/7/18 riteniamo utile anticiparne i contenuti in questa
a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Decreto legge “Dignità”

 

Professionisti di nuovo fuori dallo split payment

Articolo 12 decreto-legge 12/7/18, n. 87 

Per i rilevanti immediati effetti che riveste per i professionisti la disposizione contenuta nell’articolo 12 del Decreto legge “dignità” in vigore dal 15/7/18 riteniamo utile anticiparne i contenuti in questa informativa.

Le prestazioni di servizi rese professionisti i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all’articolo 25 del D.P.R. 29/9/73, n. 600, per le quali è emessa fattura successivamente al 14/7/18 sono escluse dall’applicazione dello split payment. Quindi, dalla data del 15/7/18 i professionisti che rendono prestazioni alla P.A., alle società a partecipazione pubblica e alle società quotate incluse nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana – non dovranno continuare ad applicare in fattura il regime dello split payment, bensì potranno applicare l’IVA con modalità ordinarie.

 

 

Professionisti in prima linea per il credito d’imposta quotazione PMI

Ministero dello sviluppo economico, decreto 23/4/18 (G.U. del 18/6/18)

Il ministero ha individuato le modalità e criteri di concessione del credito d’imposta di cui all’art. 1, co. 89, della legge n. 205/2017, riferito alle spese per consulenza relative alla quotazione delle PMI sostenute a decorrere dall’1/1/18 fino al 31/12/20 e finalizzate all’ammissione alla loro quotazione in un mercato regolamentato di uno Stato UE o SEE.

Il credito d’imposta può essere riconosciuto, fino a un importo massimo di 500.000 euro, nella misura massima del 50% dei costi complessivamente sostenuti a decorrere dall’1/1/18 fino alla data in cui si ottiene la quotazione e, comunque, entro il 31/12/20.

Tra i costi ammissibili sono compresi quelli direttamente connessi allo svolgimento di attività di consulenza prestate da consulenti esterni, persone fisiche e giuridiche, come servizi non continuativi o periodici e al di fuori dei costi di esercizio ordinari dell’impresa connessi ad attività regolari, quali la consulenza fiscale, la consulenza legale o la pubblicità.

In particolare il decreto prevede che sono ammissibili al credito d’imposta le consulenze per:

  • implementazione e adeguamento del sistema di controllo di gestione, assistenza dell’impresa nella redazione del piano industriale, supporto all’impresa in tutte le fasi del percorso funzionale alla quotazione nel mercato di riferimento;
  • attività finalizzate ad attestare l’idoneità della società all’ammissione e alla successiva permanenza sul mercato;
  • attività necessarie per collocare presso gli investitori le azioni oggetto di quotazione;
  • attività finalizzate a supportare la società emittente nella revisione delle informazioni finanziarie storiche o prospettiche e nella conseguente preparazione di un report, ivi incluse quelle relative allo svolgimento della due diligence finanziaria;
  • attività di assistenza della società emittente nella redazione del documento di ammissione e del prospetto o dei documenti utilizzati per il collocamento presso investitori qualificati;
  • attività riguardanti le questioni legali, fiscali e contrattualistiche strettamente inerenti alla procedura di quotazione quali, tra gli altri, le attività relative alla definizione dell’offerta, la disamina del prospetto informativo o documento di ammissione o dei documenti utilizzati per il collocamento presso investitori qualificati, la due diligence legale o fiscale e gli aspetti legati al governo dell’impresa;
  • attività di comunicazione necessarie a offrire la massima visibilità della società, a divulgare l’investment case, tramite interviste, comunicati stampa, eventi e presentazioni alla comunità finanziaria.

 

Carburante solo con pagamento tracciato

Decreto legge 28/6/18, n. 79

Riguarda anche i professionisti la rivoluzione riferita all’acquisto di carburante per autovetture.

Nel ricordare che un professionista può dedurre fiscalmente solo i costi e le spese riferite ad una autovettura e in caso di studio associato una autovettura per ogni associato, è bene conoscere le nuove regole in vigore dal 1° luglio 2018. Con il decreto legge 28 giugno 2018, n. 79 (pubblicato, in pari data, sulla G.U. n. 148) il Governo ha differito al 1° gennaio 2019 l’obbligo della fattura elettronica per l’acquisto di “benzina o di gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori”, limitatamente a quelle effettuate “presso gli impianti stradali di distribuzione”.

Dunque, resta in uso la carta carburante fino a fine anno ma resta l’obbligo, a decorrere dal 1° luglio 2018, di pagare in modo tracciato per poter dedurre il costo (nei limiti del 20%) e detrarre l’Iva (in linea generale nei limiti del 40%).

Il Direttore dell’Agenzia delle entrate, con provvedimento del 4/4/2018, ha ritenuto validi i seguenti strumenti pagamento:

a) gli assegni, bancari e postali, circolari e non, nonché i vaglia cambiari e postali;

b) addebito diretto;

c) bonifico bancario o postale;

d) bollettino postale;

e) carte di debito, di credito, prepagate ovvero di altri strumenti di pagamento elettronico disponibili, che consentano anche l’addebito in conto corrente.

Come evitare la carta carburante

Se si paga con la carta di credito si può evitare la carta carburante. Occorre rifarsi all’estratto conto della società di gestione della carta nel quale vengono analiticamente indicati i pagamenti. A tale riguardo la Circolare dell’agenzia entrate n. 42/12 fa presente che questo criterio di certificazione consente, sia la deduzione del costo sia la detrazione dell’Iva. Si tratta di una deroga interpretativa rispetto al disposto normativo: infatti, gli articoli 19 e 25 del DPR n.633/1972 condizionano il diritto alla detrazione dell’Iva alla registrazione della fattura e nel caso di specie alla scheda carburante (documento facente funzione fattura). Dunque si rende necessario sulla base dell’estratto conto della carta di credito, registrare il pagamento scorporando dall’importo l’Iva che va separatamente indicata nel registro Iva degli acquisti.

A completamento va detto che l’Agenzia con la circolare n. 8/2018 ha dettagliatamente illustrato il contenuto del provvedimento direttoriale con provvedimento del 4/4/2018 fornendo ulteriori indicazioni circa le possibilità di pagamento del carburante:

  • le predette forme tracciate di pagamento possono trovare “applicazione anche nelle ipotesi in cui, sulla scorta di specifici accordi, il pagamento avvenga in un momento diverso rispetto alla cessione.” Come nel “caso delle carte utilizzate nei contratti c.d. di “netting, o degli ulteriori sistemi, variamente denominati, che consentono al cessionario l’acquisto esclusivo di carburanti con medesima aliquota IVA, quando la cessione/ricarica della carta, sia regolata con gli stessi strumenti di pagamento sopra richiamati.”
  • sono validi i pagamenti eseguiti tramite altro soggetto (ad esempio un dipendente o l’amministratore) purché questi utilizzi, per l’acquisto del carburante, uno degli strumenti di pagamento tracciati e il professionista (che è destinatario finale dell’acquisto e che ne deve sopportare il costo) provveda al relativo rimborso, sempre utilizzando uno dei predetti sistemi di pagamento (ad esempio, con bonifico bancario attraverso il quale provveda a pagare lo stipendio e il rimborso delle spese sostenute dal dipendente);
  • sono validi i pagamenti eseguiti tramite i “servizi offerti dai vari operatori di settore (come card, applicazioni per smartphone/tablet, dispositivi elettronici vari, ecc.) che consentono l’acquisto di carburante con addebito diretto del costo su conto corrente o carta di credito (contestualmente all’acquisto o in un momento successivo) del soggetto passivo cessionario.

 

 

Irap professionisti – Rapporti non occasionali con altri professionisti e pluralità di studi professionali

Cassazione n. 15559 del 13/6/18

Ai fini del presupposto impositivo Irap, mentre è irrilevante l’ammontare dei compensi percepiti dal professionista, evidenziano, invece, l’autonoma organizzazione tanto l’esistenza di plurimi e non occasionali rapporti del professionista con altri professionisti esercenti la medesima attività ai quali venivano affidati incarichi attinenti alla stessa attività professionale svolta, quanto la pluralità di studi professionali.

 

Irap professionisti – Esercizio in forma associata sempre rilevante Irap

Cassazione n. 16623 del 25/6/18

L’esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l’applicazione dell’Irap, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell’autonoma organizzazione, da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l’assenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata, bensì l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa.

 

Redditometro – Capitali depositati all’estero oggetto di scudo fiscale – Prova

Cassazione n. 16638 del 25/6/18

In relazione a capitali depositati all’estero e rimpatriati (scudati) nel 2009, è possibile considerare, ai fini della prova contraria che il contribuente deve fornire, che essi siano produttive di interessi che avrebbero potuto consentire un tenore di vita più elevato rispetto al reddito dichiarato; tale possibilità deve essere però dimostrata in concreto dal contribuente.

Al fine della dimostrazione della prova contraria, tuttavia, non sono state ritenute rilevanti, nel caso di specie le somme scudate posto che queste sono rientrate sin Italia in un anno successivo a quello oggetto di accertamento e, conseguentemente, non sono utili a giustificare l’elevato tenore di vita degli anni precedenti.

 

Vendita infraquinquennale dell’immobile prima casa – l’acquisto entro 1 anno della nuda proprietà del secondo immobile non evita la decadenza dal beneficio

Cassazione n. 17148 del 28/6/18

Come noto, Il diritto al mantenimento dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa richiede che il contribuente entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con l’agevolazione medesima, “proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”. A differenza della fattispecie relativa all’accesso al beneficio, la norma non estende espressamente il suo ambito di applicazione anche agli acquisti di diritti reali di godimento sul bene, limitandosi a richiedere l’acquisto di un immobile da destinarsi ad abitazione principale.

L’applicazione di tale principio al caso in cui il contribuente, dopo aver alienato prima del decorso del termine di 5 anni l’immobile acquistato con il beneficio della prima casa, ha acquistato, entro 1 anno da tale alienazione, la nuda proprietà – per una quota pari a ¼ – di altro immobile, ha portato la Cassazione ad affermare che il nuovo acquisto effettuato non assume rilevanza ai fini del mantenimento dell’agevolazione fruita, a nulla rilevando la destinazione dell’immobile oggetto dell’acquisto a propria abitazione principale, in quanto non strumentalmente e direttamente collegata all’atto di acquisto e indipendentemente da ogni considerazione al fatto che tale acquisto ha interessato solo una quota minoritaria dei diritti di nuda proprietà.

Non rilevanti, dunque, sono state consideratele le circostanze relative all’eventuale conseguimento da parte del contribuente del diritto di godere e usare dell’immobile in oggetto a seguito della conclusione di altri contratti o, comunque, a seguito della autorizzazione concessagli da parte di terzi aventi diritto, atteso che la destinazione dell’immobile ad abitazione principale deve essere strettamente dipendente dall’idoneità dell’atto a trasferire al contribuente poteri di uso e godimento sul bene pieni e assoluti.

 

Agevolazioni “prima casa” – Acquisto in comunione legale da parte di uno solo dei coniugi – Revoca benefici

Cassazione n. 14326 del 5/6/18

L’agevolazione “prima casa” è revocata se per l’acquisto di un immobile effettuato in comunione dei beni entrambi i coniugi non rendono le dichiarazioni nell’atto di acquisto di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare e di non averne in precedenza, fruito, neppure pro quota, in riferimento all’intero territorio nazionale, previste dall’art. 1, nota II bis, lett. b) e c) della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986.

Infatti, per il godimento delle agevolazioni fiscali c.d. “prima casa” occorre che l’acquirente dichiari in seno all’atto di acquisto di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare, e di non averne in precedenza, fruito, neppure pro quota, in riferimento all’intero territorio nazionale.

 

Cessione a titolo oneroso di un terreno – Plusvalenza tassabile anche se si tratta di un una zona destinata a servizi pubblici o di interesse pubblico

Cassazione n. 16561 del 22/6/18

L’inclusione dell’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore potenzialità edificatoria, sicché la relativa cessione a titolo oneroso è idonea a determinare l’insorgenza di una plusvalenza imponibile ex art. 67), co. 1, lett. b) del Tuir.