Pillole fiscali – febbraio 2017

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi Irap professionisti   Come noto le sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 9451/2016 i hanno fissato alcuni paletti in tema di sussistenza del presupposto Irap dell’autonoma organizzazione. La Cassazione, infatti, sembra aver trovato un principio condiviso, almeno nelle sue linee generali, in cui è stato chiarito che
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Irap professionisti

 

Come noto le sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 9451/2016 i hanno fissato alcuni paletti in tema di sussistenza del presupposto Irap dell’autonoma organizzazione. La Cassazione, infatti, sembra aver trovato un principio condiviso, almeno nelle sue linee generali, in cui è stato chiarito che il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 – ricorre quando il contribuente:

  • sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
  • impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

 

Si assiste ora all’applicazione concreta da parte delle diverse Corti di tali principi. Le ultime sentenze, successive a quella delle SS.UU, analizzano le singole fattispecie oggetto dei contenziosi sottoposti.

 

E’ stato ritenuto:

  • non soggetto a Irap

  • il professionista che eroga elevati compensi a terzi nel caso in cui tali compensi siano erogati per un’attività estranea a quella esercitata dal professionista (nel caso di specie si trattava di un ingegnere che erogava compensi a società esterne per indagini geognostiche e geotecniche e per consulenza fiscale)Cassazione n. 1476 del 20/1/17;
  • il professionista (nel caso di specie un commercialista) per il solo fatto che le spese per i beni strumentali e le collaborazioni di terzi erano state ritenute “significative”, ammontando a circa 50.000 euro per ogni anno, laddove non sia stato valutato se la natura delle spese effettuate (viaggi, aggiornamenti, affidamento a terzi di attività contabili) possa avere contribuito effettivamente al reddito del ricorrente – Cassazione n. 521 dell’11/1/17;
  • il medico pediatra convenzionato con il S.S.N. poiché insussistente il presupposto dell’autonoma organizzazione basato “sulla sola circostanza di fatto della presenza di un collaboratore part-time, addetto alla sala di aspetto dello studio medico”Cassazione n. 24529 del 30/12/16;
  • il medico, poiché non configura struttura organizzata ” la presenza di un lavoratore dipendente” (segretaria) e di “beni-macchinari locati ed oggetto di ammortamento” (strumenti di diagnosi), oltre che sulla presenza di un reddito elevato – Cassazione n. 25962 del 15/12/16;
  • il ragioniere commercialista che si avvale di risorse strumentali e personali strettamente necessarie per l’esercizio dell’attività. L’esborso sostenuto dal ragioniere commercialista per dotarsi della collaborazione di 1 dipendente (di genere puramente esecutivo) non è sintomo della sussistenza dell’elemento idoneo ad integrare il presupposto d’imposta – Cassazione n. 26263 del 19/12/16;

  • soggetto a Irap

  • il medico che esercita la sua professione in 2 ambulatori, con attrezzatura eccedente il minimo indispensabile e con consistenti spese, corrispondendo a terzi (2 segretarie part time) rilevanti compensi – Cassazione n. 24078 del 24/11/16;
  • il medico che svolge la propria attività organizzando anche l’attività di altri professionisti individuati in base alle necessità del paziente, laddove emergono notevoli compensi corrisposti a terzi (oltre 30.000 euro per ciascun anno considerato), posto che è evidente l’impegno finanziario del professionista per dotarsi d’ingenti ausili. Per far sorgere l’obbligo di pagamento dell’Irap basta, infatti, l’esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista – Cassazione n. 26255 del 19/12/16;
  • il professionista che eroga compensi a 2 dipendenti, posto che ciò evidenzia il presupposto dell’autonoma organizzazione – Cassazione n. 26255 del 19/12/16.

 

 

Studi di settore – quando non si applicano

 

Studi di settore – gravi condizioni di salute invalidano l’accertamento

Cassazione n. 25466 del 12/12/16

La procedura di accertamento del reddito mediante l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici rispetto alla quale il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo presunzioni semplici. La prova contraria –  idonea a superare la presunzione semplice derivante dai coefficienti parametrici e a inficiare la congruità dello studio di settore, non applicabile dunque alla concreta situazione personale del contribuente – può essere costituita dalla documentazione da cui risulta che il contribuente era già da molti anni afflitto da gravi malattie che non gli consentivano di svolgere in modo assiduo e intenso la propria attività lavorativa, nonché che lo stesso contribuente risultava “pesantemente indebitato” (aveva posto in essere una ristrutturazione del debito derivante da un mutuo acceso precedentemente, in quanto il piano di ammortamento non era stato rispettato).

 

 

Fondo patrimoniale – i beni conferiti al fondo dal coniuge non sono al sicuro dal fisco

 

Possibile l’iscrizione di ipoteca sui beni del fondo patrimoniale

Cassazione n. 20799 del 14/10/16

Il concessionario per la riscossione (es. Equitalia) può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo patrimoniale costituito dal contribuente unitamente alla moglie, se il debito sia stato da loro contratto per bisogni familiari, ovvero – nell’ipotesi contraria – purché il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale circostanza.

 

Eredi – il beneficio d’inventario mette al sicuro il proprio patrimonio dai creditori

 

Accettazione dell’eredità con beneficio di inventario – è necessario far valere la limitazione della esposizione debitoria per evitare di pagare tutto il debito del de cuius

Cassazione n. 23019 del’11/11/16

L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario si differenzia, rispetto all’accettazione pura e semplice, per il fatto che il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello dell’erede. Pertanto, l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario non determina il venir meno della responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti, anche tributari, del de cuius, ma fa solo sorgere il diritto a non rispondere al di là dei beni ereditati.

L’erede nei cui confronti il creditore (es. il concessionario della riscossione) faccia valere la propria pretesa creditoria illimitata, deve far valere la limitazione della propria esposizione debitoria mediante un accertamento giudiziale. Infatti, la cartella esattoriale eventualmente emessa per l’intero debito tributario del de cuius, superiore al valore dei beni ereditati, in mancanza di impugnazione in sede giudiziale non sarebbe più contestabile in sede esecutiva.

Il creditore ha, invece, interesse a fare accertare la sussistenza del debito tributario del de cuius che diventerà esigibile nei confronti dell’erede quando sarà chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede.

È la giurisdizione tributaria ad occuparsi della tutela di entrambi gli interessi, la quale ha ad oggetto sia l’esistenza che la consistenza dell’obbligazione tributaria. Spetta, dunque, al giudice tributario l’individuazione del soggetto tenuto al versamento dell’imposta e dei limiti nei quali esso, per la sua qualità, sia obbligato nei limiti di valore dei beni a lui pervenuti.

 

 

Redditometro, come difendersi

 

Redditometro – per superare la presunzione di maggior reddito non basta ringraziare la suocera, servono anche gli estratti dei c/c bancari

Cassazione n. 1510 del 20/1/17

Per “smontare” la presunzione del maggior reddito che scaturisce dal redditometro non basta la dimostrazione dell’esistenza di ulteriori redditi di cui ha goduto il nucleo familiare, nel caso di specie conseguiti dalla suocera del contribuente, ma occorre indicare analiticamente le movimentazioni finanziarie utilizzate per dimostrare l’effettivo utilizzo delle risorse finanziarie dei componenti del nucleo familiare. L’oggetto della prova contraria da parte del contribuente alla presunzione basata sul redditometro, infatti, riguarda:

ü  la disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte);

ü  l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che deve risultare da idonea documentazione.

La prova documentale richiesta può essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente.

 

Redditometro – per superare la presunzione di maggior reddito si può invocare la presunzione di gratuità nei trasferimenti di immobili tra parenti

Cassazione n. 21142 del 19/10/16

La presunzione relativa di liberalità, prevista dall’art. 26 D.P.R. n. 131/1986, ai fini dell’imposta di registro sugli atti di trasferimento tra coniugi o parenti in linea retta, può essere usata anche per contestare l’accertamento da redditometro, effettuato ai sensi dell’art. 38 D.P.R. n. 600/1973, con cui si individua un reddito conseguente l’acquisto di un immobile il cui dante causa sia un parente in linea retta o il coniuge.

 

Problemi con gli istituti di credito in difficoltà

 

Indennizzi per la risoluzione delle banche – è esclusa la tassazione

Agenzia delle entrate, risoluzione n. 3 del 12/01/17

Non sono soggette a tassazione in quanto erogate al fine di reintegrare la perdita economica sofferta le somme percepite a titolo di indennizzo ai sensi degli artt. 8 e 9 del D.L. n. 59/2016 (c.d. decreto salvabanche), anche se erogate attraverso l’attivazione della procedura arbitrale.

 

Cose di casa

 

Agevolazione “prima casa” – non decade dal beneficio chi vende entro 5 anni l’immobile agevolato se entro l’anno successivo costruisce un nuovo immobile

Agenzia delle entrate, risoluzione n. 13 del 26/1/17

Chi vende entro 5 anni l’immobile acquistato con i benefici “prima casa” – periodo entro cui è ancora possibile la decadenza dall’agevolazione –  ma entro 1 anno dalla cessione costruisce un altro immobile ad uso abitativo su un terreno di cui sia già proprietario al momento della cessione dell’immobile agevolato, non perde l’agevolazione.

 

Agevolazione “prima casa” – decade dal beneficio chi vende entro 5 anni l’immobile anche se è in Cassa integrazione guadagni

Cassazione n. 678 del 12/1/17

Il collocamento in CIG per la durata di 13 settimane del contribuente non legittima la vendita dell’immobile acquistato con le agevolazioni fiscali, posto che tale evento non rappresenta una causa di forza maggiore idonea a evitare la decadenza dall’agevolazione.

 

Agevolazioni “prima casa” – le prescritte dichiarazioni devono essere rese anche in caso di usucapione

Cassazione n. 635 del 12/1/17

Il godimento dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa presuppone, tra l’altro, che il contribuente manifesti la volontà di fruirne nell’atto di acquisto dell’immobile dichiarando espressamente, pena l’inapplicabilità dei benefici stessi, di:

  • volersi stabilire nel Comune dove si trova l’immobile;
  • non godere di altri diritti reali su immobili siti nello stesso comune;
  • non avere già fruito degli stessi benefici.

Tali manifestazioni di volontà devono essere rese anche quando il contribuente intenda far valere il proprio diritto all’applicazione dei benefici in caso di acquisizione dell’immobile per usucapione. In tal caso le dichiarazioni dovranno essere rese prima della registrazione del provvedimento di trasferimento (sentenza o decreto) del giudice, che costituisce l’atto a cui si riconosce efficacia traslativa della proprietà del bene.

 

Detrazione interessi passivi su mutuo per acquisto abitazione principale – possibile anche in caso di usufrutto, uso e abitazione

Cassazione n. 22191 del 3/11/16

La detrazione Irpef del 19% degli interessi passivi su mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale è fruibile, oltre che in caso di acquisto dell’unità immobiliare anche nel caso di acquisto di un altro diritto reale (usufrutto, all’uso e all’abitazione) in grado di soddisfare l’esigenza della persona all’abitazione. L’agevolazione non spetta, invece, in caso di acquisto della nuda proprietà perché questa non dà diritto alla disponibilità dell’alloggio.

 

Imu – si paga anche in caso di occupazione d’urgenza dell’immobile

Cassazione n. 19041 del 27/9/16

L’Imu deve essere comunque pagata dal proprietario dell’immobile anche se lo stesso è oggetto di occupazione d’urgenza. L’occupazione d’urgenza, pur avendo carattere coattivo, non priva comunque il proprietario del possesso dell’immobile poiché il bene, sino a esproprio o ablazione, continua ad appartenergli. L’occupante è, infatti, solo un mero detentore del bene, in quanto non si realizza l’elemento oggettivo del possesso, cioè la volontà di tenere la cosa come propria.

 

Vendita di un terreno – quando il fisco lo considera edificabile

 

Cessione di un terreno edificabile – la tassazione della plusvalenza dipende dal PRG

Cassazione n. 1094 del 18/1/17

Sono soggette a tassazione, in quanto considerate “redditi diversi” di cui all’art. 67 del Tuir, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. Al fine di stabilire se un terreno è suscettibile di utilizzazione edificatoria rileva che il terreno sia considerato tale in base al PRG.

In applicazione di tale principio è stata ritenuta soggetta a tassazione la plusvalenza realizzata sulla cessione di un terreno edificabile classificato in zona F – attrezzature pubbliche territoriali, nonostante il terreno fosse di fatto inedificabile non solo perché compreso nella fascia di rispetto stradale, ma anche in ragione delle previsioni urbanistiche di zona che lo destinavano in ogni caso ad attrezzature di interesse comunale.