La profession c’est moi

Lo  diciamo  da  sempre:  riteniamo  l’unità  della  categoria,  nelle  sue  manifestazioni  e  nella  sua  rappresentatività, l’unica modalità sana e fruttuosa di lavorare.  Per questo ci siamo seduti al tavolo del dialogo, convinti di apportare le nostre idee e le nostre istanze, e  pronti  ad  ascoltare  quelle  delle  altre  delle  Associazioni  e  del  Consiglio  Nazionale,  a 

Lo  diciamo  da  sempre:  riteniamo  l’unità  della  categoria,  nelle  sue  manifestazioni  e  nella  sua 

rappresentatività, l’unica modalità sana e fruttuosa di lavorare. 

Per questo ci siamo seduti al tavolo del dialogo, convinti di apportare le nostre idee e le nostre istanze, e 

pronti  ad  ascoltare  quelle  delle  altre  delle  Associazioni  e  del  Consiglio  Nazionale,  a  criticarle 

costruttivamente, se l’avessimo ritenuto opportuno, e a sposarle pienamente, se ci avessero convinto.

Il dialogo per la riforma dell’Ordinamento della professione si è avviato nella trasparenza ma, al termine 

del percorso, il tema dell’unità della categoria, punto cruciale per tutti i colleghi, è rimasto inalterato e su 

quel tavolo l’Albo unico ne è uscito diviso tra generalisti e specialisti. 

 

Oggi i rumors di Palazzo riportano di un emendamento al Decreto Crescita che è stato depositato ed andrà 

in aula a breve. 

Ciò che lascia veramente senza parole è la tematicadell’emendamento: il riconoscimento delle cosiddette 

“specializzazioni” nella nostra professione. 

Dopo mesi di discussione sulla questione, dopo averargomentato sul perché un corso di formazione non 

può  essere  considerato  più  valevole  di  un’esperienza  decennale  sul  mercato,  dopo  aver  ribadito  che  un 

albo  suddiviso  tra  specialisti  e  commercialisti  di  serie  B  porterebbe  unicamente  allo  svilimento  della

professione, prendiamo atto che tutti i nostri rilievi sono rimasti inascoltati; il Consiglio Nazionale chiede 

che  le  specializzazioni,  così  come  da  loro  declinate, diventino  legge, cancellando  con  un  colpo  di  spugna 

tutto il dibattito precedente. 

 

Se tutto ciò fosse confermato, ci sarebbe veramenteda chiedersi che senso hanno le riunioni, i tavolie gli 

accorati appelli al dialogo, se tanto alla fine tutto diventa una beffa. 

I commercialisti dovrebbero dal giorno dopo l’approvazione intasare le SAF, scuole di Alta Formazione,per 

conseguire  il  titolo  di  specialista.  I  costi medi  sono  stimati  in  2000,00 euro  a  corso  (oltre  alle 200ore  di 

formazione), costi che naturalmente andranno ad aggiungersi alle spese che il professionista sostiene già. 

Le aeree delle specializzazioni: amministrazione e controllo imprese, procedure concorsuali e risanamento, 

funzioni giudiziarie e metodi ADR, economia degli enti locali e no profit, Finanza aziendale, consulenza e 

pianificazione fiscale, Contenzioso, principi contabili e di valutazione, economia e fiscalità del Lavoro. 

A nostro parere, una riforma così dirompente non può passare attraverso un emendamento su un singolo 

articolo  del  nostro  ordinamento  professionale,  oltretutto  inserito  in  un  provvedimento  che  nulla  c’entra 

con la nostra professione. 

Se  si  sente  bisogno  di  un  aggiornamento  della  nostra  Legge  istitutiva,  come  sicuramente  è  ,  il  tutto  va 

ricondotto in una proposta complessiva. 

Il Consiglio Nazionale aveva iniziato un lavoro in  tal senso, ma non lo ha portato a termine e a nessuno, 

ordini locali o associazioni, è mai stato presentato un testo di sintesi conclusivo per chiedere unparere a 

tutti i colleghi prima della sua presentazione al legislatore. 

 

È questo che noi riteniamo ancora indispensabile e chiediamo al nostro Consiglio Nazionale. 

Non abbiamo bisogno di sancire come “specializzazione” quello che già ci è riconosciuto e che sappiamo

fare,  oggetto  della  nostra  professione.  Abbiamo  bisogno  di  semplificazioni  vere,  non  delle  pillole  che

sembra vengano approvate in questi giorni. 

Quale  sarebbe  la  contropartita  delle  specializzazioni?  La  rinuncia  alle  competenze  sugli  affitti  d’azienda, 

aggravata dall’accostamento della professione alla  mafia; accettare senza fiatare gli ISA, Indici sintetici di 

affidabilità, ulteriore adempimento a carico dei contribuenti e dei loro consulenti. Corollario all’inferno di 

un  sistema  di  deleghe  che  proliferano,  si  autoalimentano,  debbono  essere  conservate  più  delle 

dichiarazioni e i registri, uno per ogni tipo di delega. Complicazioni che sicuramente nel tempo mostreranno 

tutte le loro “falle” fino ad essere poi aggrediti  nei contenziosi ed infine abbandonati come è accaduto a 

tutti  i  precedenti  metodi  di  controllo  statistico?  ISA  che,  come  al  solito,  arrivano  con  la  loro 

regolamentazione e le loro circolari troppo tardi per poter essere legittimamente utilizzati per valutare i 

dati  del  2018.  Addirittura  ci  viene  chiesto  di  prelevare  file,  inserirlo  nel  nostro  gestionale,   elaborarlo 

(sostituendoci di fatto a chi di competenza nell’Agenzia) e inviarlo. Siamo quindi giunti al paradossoper cui, 

in  questo  sistema  al  contrario,   al  professionista  viene  chiesto  di  svolgere  compiti  dell’amministrazione, 

gratuitamente e senza tornaconto o ringraziamento alcuno. 

Le chiamano semplificazioni e riconoscimento, si leggono burocrazia e costi, costi e paletti all’accesso e allo 

svolgimento della professione. 

 

ADC – ANC Comunicazione