Il Manifesto di Confprofessioni per il prossimo Parlamento europeo

Elezioni Europee del 26 maggio 2019   «L’Unione europea promuove il benessere dei suoi popoli e si adopera per lo sviluppo sostenibile, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di
Elezioni Europee del 26 maggio 2019

 

«L’Unione europea promuove il benessere dei suoi popoli e si adopera per lo sviluppo sostenibile, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociale, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore».

 

A distanza di 27 anni dalla firma del Trattato di Maastricht che ha gettato le fondamenta del processo di integrazione politica ed economica tra gli Stati membri, basato sui principi della democrazia, dei diritti e del lavoro, l’Unione europea appare oggi una realtà potente e fragile, al tempo stesso. Con circa 500 milioni di consumatori, oltre 20 milioni di imprese, 240 milioni di lavoratori e ben 5,6 milioni di liberi professionisti, l’Europa rappresenta una potenza economica a livello globale, un mercato unico che sviluppa circa il 16,5% del Pil mondiale nella più vasta area di libera circolazione delle persone e di libero scambio delle merci.

 

Tuttavia, al peso economico non sembra corrispondere un adeguato peso politico sia nei confronti delle altre potenze economiche mondiali (Stati Uniti e Cina, in primis), sia nei confronti del mercato interno, paralizzato da una cronica lentezza burocratica che frena il processo di integrazione. Tale situazione ha alimentato, soprattutto negli ultimi 10 anni, contraddizioni e spinte centrifughe (la Brexit è il caso più conclamato) che rischiano oggi di mettere in discussione i principi fondanti dei Trattati di Maastricht e di Lisbona.

 

Il sentimento diffuso di incertezza economica, che si allarga al ceto medio e a strati sempre più ampi della popolazione attiva; il profondo divario sociale di genere e intergenerazionale, che mette a rischio uno sviluppo sostenibile ed equilibrato; insieme con il calo di fiducia verso le istituzioni europee sono sintomi che si possono curare solo con un deciso cambio di passo delle politiche europee, improntate ancora di più sulla crescita e sullo sviluppo sostenibile.

 

Le elezioni europee del prossimo 26 maggio possono allora diventare un banco di prova fondamentale per ritrovare uno spazio comune, plurale e inclusivo e completare quindi il processo di integrazione politica e sociale avviato con il Trattato di Lisbona e più recentemente rafforzato con il “Pilastro dei diritti sociali”. Un mercato unico che sappia mettere da parte egoismi nazionali per valorizzare le peculiarità, le competenze e le professionalità insite in ogni singolo Paese.

 

Dalla consultazione pubblica sul futuro dell’Europa elaborata dal Cnel e rilanciata da Confprofessioni al sistema professionale italiano emerge con chiarezza la volontà di un’Europa più forte, capace di trovare risposte ai problemi dell’economia, del lavoro, del welfare, dell’ambiente e dei diritti personali. Nello specifico, le priorità dei liberi professionisti italiani si concentrano sulla necessità di attuare politiche convergenti in materia di sicurezza, di crescita economica, di armonizzazione fiscale e di tutela della salute e del territorio. Si tratta di temi ampi e complessi che si declinano in misure di sostegno alla crescita e all’occupazione, con una maggior apertura del mondo del lavoro verso i giovani e le donne, con il potenziamento delle politiche di welfare e di assistenza sanitaria; ma anche attraverso la regolamentazione di nuovi mercati e delle tecnologie digitali, al fine di evitare effetti di dumping anche nel mercato dei servizi professionali e, al contempo, per favorire in una maggiore mobilità transfrontaliera. Insomma, più attenzione ai problemi reali dei cittadini e meno importanza agli assetti politico-istituzionali dell’Unione.

 

Nell’ultimo decennio, Confprofessioni, espressione unitaria del sistema professionale nazionale, ha attraversato le ultime due legislature europee, assumendo un ruolo di protagonista attiva, in Europa e in Italia, nella fase di costruzione bottom up delle politiche europee di interesse per le categorie professionali. La nostra Confederazione ha partecipato presso le Istituzioni Ue ai lavori preparatori, nonché al monitoraggio dell’attuazione nel nostro Paese di tutta la normativa sulle professioni, facendosi carico, spesso in solitudine, di proposte innovative per lo sviluppo e la crescita dei mercati professionali e dei nostri giovani professionisti.

 

La Confederazione da sempre sostiene la specificità intrinseca dell’attività professionale, con i suoi fondamentali principi di personalità e intellettualità, autonomia e indipendenza, qualificazione e responsabilità, etica e deontologia che la contraddistinguono e la rendono assolutamente diversa da ogni altra forma di attività economica anche di lavoro autonomo. Cionondimeno, e senza contraddizione neppure apparente, la struttura, attraverso la quale questa attività può esprimersi ed essere efficace nel contesto socio-economico del terzo millennio, necessita, come mai prima d’ora, di un approccio organizzativo e manageriale di tipo imprenditoriale che deve trovare adeguata e specifica regolamentazione.

 

Il libero professionista 4.0 deve quindi poter usufruire di strumenti e risorse che gli permettano di svolgere in maniera corretta e produttiva l’attività in un ambiente normativo di sana competitività, che garantisca i diritti e gli interessi di cittadini e imprese. Peraltro la Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, con l’ambizione di creare la più grande economia basata sulla conoscenza, riconosce ai servizi professionali una funzione di propulsione e potenziale occupabilità. E se oggi le libere professioni contribuiscono per circa il 14% del Pil italiano e del 10% di quello europeo, una mirata politica europea di sviluppo dei servizi professionali potrebbe senza dubbio far crescere ulteriormente un soggetto economico determinante per la competitività del sistema produttivo, ma anche per le tutele e le garanzie sociali di tutti i cittadini europei.

 

Dal “Rapporto 2018 sulle libere professioni”, dell’Osservatorio di Confprofessioni:

 

 

«In Europa il numero di liberi professionisti nelle attività professionali, scientifiche e tecniche e nella sanità è salito costantemente negli ultimi anni, crescendo di oltre 100 mila unità ogni anno: dai 4 milioni 800 mila del 2009 agli oltre 5 milioni 600 mila del 2017 (+2,2% ogni anno). La crescita riguarda tutti i Paesi membri, ad eccezione di Grecia e Norvegia».

 

«L’Italia si conferma, tra i 28 Paesi dell’Unione europea, come il Paese che conta il maggior numero di liberi professionisti. Unica nazione a superare il milione di professionisti (a partire dal 2012), l’Italia concentra ben il 19% dei liberi professionisti censiti nei 28 Paesi dell’Unione».

 

1 – I professionisti nel dialogo sociale europeo

 

La nostra Confederazione, anche attraverso la partecipazione all’organismo europeo del Ceplis – Consiglio europeo delle libere professioni, ritiene di importanza strategica la previsione anche a livello del dialogo sociale europeo di una presenza attiva dei professionisti, ancora oggi assente. Alla luce dell’implementazione delle politiche del “Pilastro dei diritti sociali”, il sempre maggior rilievo del comparto libero-professionale e lo sviluppo della mobilità transnazionale impone l’assunzione di un ruolo cruciale del settore per lo sviluppo delle condizioni di vita e della coesione sociale.

 

  • Si chiede quindi un impegno affinché la rappresentanza dei professionisti europei sia inserita e partecipi attivamente al sistema strutturato di dialogo sociale europeo. Ciò può consentire la convergenza tra le esperienze nazionali, facilitare l’adozione di normative comuni e migliorare l’efficienza dei servizi alle persone, anche sopperendo alle lacune e criticità degli Stati membri.

 

2 – Per una vera mobilità professionale in Europa

 

La mobilità lavorativa in Europa è da anni attestata al 9%, dato non certo incoraggiante. Ma per i liberi professionisti il dato è molto inferiore. Dal nostro “Rapporto 2018 sulle libere professioni”:

 

«Tra il 1997 e il 2017 in Europa sono state poco più di 660 mila le richieste per l’esercizio della propria attività professionale in un altro Paese europeo. Si tratta di numeri evidentemente bassi, considerato che coprono un arco temporale di ben vent’anni: numeri che rapportati su base annua non arrivano ad interessare neanche l’1% della popolazione professionale e che testimoniano le difficoltà – di natura prevalentemente istituzionale – che permangono alla realizzazione di un effettivo mercato europeo delle professioni».

 

Ciò significa che sono soprattutto i giovani talenti a perdere un’occasione di confronto e crescita professionale all’interno del Mercato unico. Siamo ancora lontanissimi dalla istituzione del professionista europeo e le complessità e i ritardi del processo di armonizzazione delle normative in materia di servizi professionali non agevolano certamente le aspettative delle nuove leve che, dopo anni di studio e in possesso di qualificazioni e livelli di competenza molto elevati, non trovano adeguato sostegno per intraprendere una carriera professionale internazionale.

 

Nella scorsa legislatura europea Confprofessioni si è attivata per l’applicazione del programma Erasmus giovani imprenditori anche ai giovani professionisti, facendosi carico di attività di sensibilizzazione e promuovendo accordi con i centri di contatto nazionali che hanno facilitato lo svolgimento di percorsi finanziati, tuttavia la risposta è ancora tiepida e poco soddisfacente.

 

  • Si chiede pertanto di procedere con la revisione della Direttiva Qualifiche, semplificando le procedure, intervenendo sui vincoli normativi non necessari a garantire una elevata prestazione, proseguendo nella ulteriore definizione di basi formative comuni, e rivalutando con eventuali modifiche il sistema della Tessera professionale europea.
  • Il programma Erasmus per giovani imprenditori/liberi professionisti deve essere implementato consentendone l’applicazione anche ai periodi di pratica e/o tirocinio post lauream obbligatorio. Lo svolgimento di un periodo di pratica professionale presso studi professionali in altri Paesi d’Europa, infatti, rappresenta un’occasione di arricchimento non solo per il giovane aspirante ma per gli stessi studi professionali.

 

3 – Accompagnare i professionisti verso nuove skills

 

In un mercato europeo dei servizi professionali sempre più integrato, i professionisti sono chiamati a sviluppare nuove skills, affiancando alle competenze professionali tradizionali, l’impegno per un’organizzazione efficiente, moderna e interdisciplinare dei loro studi.

 

Anche in questo ambito, Confprofessioni ha svolto un ruolo attivo, propulsivo e propositivo nei circa due anni di lavoro del Working group della Commissione UE DG Industria per la definizione di linee guida sulle priorità per le libere professioni in Europa, nell’ambito del Piano d’Azione per l’imprenditorialità 2020.

 

Il documento pubblicato definitivamente nel 2015 denominato “Bolstering the Business of Liberal Professions”, a oggi rimane in larga misura inattuato e necessita di un intervento risolutivo per non disperdere un patrimonio comune a tutti i professionisti europei.

 

Il prossimo Parlamento Europeo pertanto dovrà dare nuovo impulso alla attuazione delle attività e proposte contenute nelle linee guida, con l’avvio di un gruppo di lavoro o commissione parlamentare aperto alla partecipazione di soggetti legittimati che rappresentano i liberi professionisti in Europa.

 

  • Grazie al lavoro della nostra Confederazione, i professionisti sono ora ammessi ad usufruire dei Fondi Europei anche in Italia. Tuttavia, i progetti realmente orientati a coinvolgere i professionisti rimangono limitatissimi.Il Parlamento sarà presto chiamato a definire gli atti normativi su cui si basa la programmazione dei Fondi 2021-2027 e il programma INVEST EU, che avranno nello sviluppo della digitalizzazione uno degli obiettivi fondamentali. Proprio la digitalizzazione rappresenta la sfida cruciale per lo sviluppo infrastrutturale degli studi professionali.
  • Sarà dunque fondamentale prevedere condizioni che implichino il doveroso coinvolgimento dei professionisti negli obiettivi e nelle azioni dei Piani Operativi nazionali e regionali, anche prevedendo soglie minime riservate ai professionisti e il coinvolgimento delle organizzazioni rappresentative dei professionisti nel partenariato economico e sociale e nei Comitati di sorveglianza.
  • Lo sviluppo infrastrutturale degli studi professionali passa per la disponibilità di strumenti organizzativi adeguati, che consentano di offrire servizi professionali interdisciplinari. Le reti di impresa e le Società tra Professionisti rappresentano validi strumenti organizzativi in questa direzione, ma il loro quadro regolativo a livello nazionale va ripensato, specie nel senso della incentivazione.
  • Le istituzioni europee possono favorire la definizione di quadri regolativi comuni tra gli stati membri, per armonizzare i requisiti relativi alle soglie massime di partecipazione di soci di investimento nelle società di capitali e le regole di deontologia e libertà e personalità della prestazione, alla ricerca del necessario equilibrio tra sviluppo imprenditoriale e garanzie deontologiche.
  • Nel diritto europeo, la nozione di PMI include i liberi professionisti. Questa equiparazione non è invece rispettata a livello della legislazione nazionale in Italia, dove la materia degli incentivi allo sviluppo delle imprese esclude in moltissimi casi i liberi professionisti.
  • Come si è visto, la prospettiva del legislatore italiano è miope, ancora condizionata da un contesto economico in via di rapidissimo mutamento. Difendendo esclusivamente forme di produzione tradizionale, le istituzioni non vedono i grandi processi di trasformazione della nostra economia, che invece indicano un processo costante verso lo sviluppo del lavoro professionale, sia nelle professioni tradizionali che nelle nuove professioni. Questi processi vanno accompagnati, se si vuole che diventino punti di forza della ricchezza nazionale dei prossimi decenni, e non abbandonati alla concorrenza di gruppi stranieri maggiormente strutturati.

 

  • Le istituzioni europee sono chiamate a sensibilizzare i Governi degli Stati membri su questi scenari, ed a vigilare sul rispetto del diritto europeo da parte degli Stati membri.

 

 

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Priorità e proposte per il prossimo Parlamento europeo

 

 

1. Rappresentanza dei professionisti a partecipare al dialogo sociale europeo

 

2. Sburocratizzazione delle procedure e tempestività nelle decisioni per favorire il processo di semplificazione

 

3. Revisione Direttiva Qualifiche e modifiche del sistema della Tessera professionale europea

 

4. Definizione delle basi formative comuni

 

5. Implementazione del programma Erasmus per giovani imprenditori/liberi professionisti

 

6. Attuazione delle misure contenute nel “Bolstering the Business of Liberal Professions”

 

7. Linee dedicate ai professionisti e alle loro strutture nei Piani operativi nazionali e regionali

 

8. Sostegno allo sviluppo delle tecnologie digitali e delle infrastrutture degli studi professionali

 

9. Quadri regolatori europei per le Reti d’impresa e società tra professionisti

 

10. Coinvolgimento delle rappresentanze dei professionisti nel partenariato economico e sociale e nei comitati di sorveglianza.