IL FEDERALISMO FISCALE E’ LEGGE DELLO STATO

Progressiva attuazione fino il 2016 Il Senato ha approvato il disegno di legge delega sul federalismo fiscale che dà autonomia di entrata e di spesa alle autonomie locali. Entro l’anno prossimo vi sarà il primo decreto attuativo che conterrà una relazione tecnica con i costi della riforma. Entro il 2011 saranno varati tutti i decreti
Progressiva attuazione fino il 2016

Il Senato ha approvato il disegno di legge delega sul federalismo fiscale che dà autonomia di entrata e di spesa alle autonomie locali. Entro l’anno prossimo vi sarà il primo decreto attuativo che conterrà una relazione tecnica con i costi della riforma. Entro il 2011 saranno varati tutti i decreti attuativi che verranno sottoposti a una commissione parlamentare bicamerale. Dopodiché ci sarà una fase provvisoria lunga cinque anni. A sovrintendere su tutto il processo sarà una Commissione paritetica che dovrà studiare i numeri e affiancare il governo nella scrittura dei decreti.

Il federalismo fiscale è regolato dall’articolo 119 della Costituzione. Si prevede che una legge detti «i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» nel nuovo assetto federale previsto dal titolo V della stessa Costituzione. Il fisco diventa a più livelli, ognuno con propria autonomia, anche se nel rispetto dei principi di capacità contributiva e di progressività.

Questi i principali contenuti del testo

PASSAGGIO DA SPESA STORICA A COSTO STANDARD
E’ la chiave di volta dell’intera riforma. Per ogni servizio erogato dagli enti territoriali, si individuerà un costo standard, cui tutti dovranno uniformarsi durante un periodo transitorio di cinque anni. Si eliminerà così il meccanismo che finora, facendo riferimento alla ‘spesa storica’ premiava con maggiori risorse gli enti che spendevano di più.

AUTONOMIA IMPOSITIVA
Per finanziare l’erogazione dei servizi, le autonomie locali potranno contare sul fondo perequativo, sulla compartecipazione a tributi erariali e su tributi propri, superando il meccanismo dei trasferimenti. Per quanto riguarda le Regioni, le funzioni fondamentali vanno coperte con gettito tributario valutato ad aliquota e base imponibile uniformi e in base a tributi propri derivati, istituiti con legge statale; addizionale regionale Irpef; compartecipazione all’Iva (in via prioritaria); quote di fondo perequativo; Irap, ma solo in via transitoria in vista di un superamento di questa imposta. Le altre funzioni sono finanziate con tributi propri e fondo di perequazione. Le spese essenziali dei Comuni vengono finanziate con l’imposizione immobiliare, un mix di compartecipazione a Iva e Irpef e fondo di perequazione. Per le altre ci sono tributi propri e compartecipazione a tributi regionali. Le funzioni fondamentali delle Province vengono finanziate con tributi sul parco automobilistico; compartecipazione a tributi erariali; perequazione. Mentre per le altre si prevedono tributi propri e compartecipazione a tributi regionali.

ABOLITO PRINCIPIO TERRITORIALITA’
Viene eliminato il ‘principio di territorialità’ come base per le modalità di attribuzione alle regioni del gettito dei tributi regionali istituiti con legge dello Stato e delle compartecipazioni ai tributi erariali. Il nuovo principio di riferimento diventa l’articolo 119 della Costituzione, secondo cui i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali ‘riferibile al loro territorio’. E’stata abolita la riserva d’aliquota Irpef per le Regioni.

FONDO PEREQUATIVO
Quello per le Regioni è statale ed alimentato dal gettito da compartecipazione all’Iva assegnata per le spese relative alle prestazioni essenziali ma anche da una quota del gettito derivante dall’aliquota media di equilibrio di addizionale regionale all’Irpef assegnata per il finanziamento delle spese non riconducibili alle funzioni essenziali. Le quote vengono assegnate a ciascuna regione senza vincolo di destinazione, a favore delle Regioni con minori capacità fiscale. Altri due fondi sono destinati rispettivamente ai Comuni e alle Province e città metropolitane, e vengono anch’essi alimentati con la fiscalità generale.

LIMITE ALLA PRESSIONE FISCALE
L’obiettivo della riforma è quello di arrivare a una complessiva diminuzione della pressione fiscale. La norma prevede, quindi, che, attraverso i decreti attuativi, ‘sia garantita la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale, nonchè del suo riparto tra i vari livelli di governo’. Anche nella fase transitoria, il federalismo non deve comportare alcun aumento della pressione fiscale generale. Inoltre un emendamento dei relatori, approvato alla Camera, chiarisce che ‘dalla presente legge e da ciascuno dei decreti legislativi non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica’. Gli enti territoriali saranno poi coinvolti nell’attività di contrasto dell’evasione fiscale.

PREMI E SANZIONI PER ENTI VIRTUOSI E NON
Previste sanzioni, fino al commissariamento, per gli enti che non rispetteranno i vincoli di bilancio. Inserito un ‘sistema premiante’ per chi, a fronte di un alto livello dei servizi, sia in grado di garantire una pressione fiscale inferiore alla media.

PATTO DI CONVERGENZA E ARMONIZZAZIONE DEI BILANCI PUBBLICI
Il governo individua il ‘patto di convergenza’, un percorso dinamico di convergenza ai costi e fabbisogni standard, che verrà presentato insieme al Dpef alle Camere e che gli enti sono tenuti a rispettare. In caso di mancato raggiungimento lo Stato accerta le motivazioni degli scostamenti e stabilisce le azioni correttive da mettere in atto. Si prevede un percorso di armonizzazione di tutti i bilanci pubblici.

COMMISSIONE BICAMERALE SUI DECRETI ATTUATIVI
La commissione è composta di 15 senatori e 15 deputati, il presidente viene nominato dai presidenti di Camera e Senato. Le opposizioni non sono riuscite a rendere vincolanti i pareri della Bicamerale sui decreti legislativi, ma avrà poteri di indirizzo oltre che di controllo, visto che ‘formula osservazioni e fornisce al Governo elementi di valutazione utili alla predisposizione dei decreti legislativi’.

ROMA CAPITALE
Si fissano le funzioni amministrative che spettano al comune di Roma, oltre a quelle attualmente di sua competenza. Si va dal ‘concorso’ alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, fino all’edilizia pubblica e privata e alla protezione civile. A disciplinare con regolamenti queste funzioni sarà Assemblea Capitolina, ovvero il vecchio del consiglio comunale, nel rispetto dei vincoli comunitari internazionali, della legislazione statale e regionale, e della potestà legislativa delle regioni.

FUNZIONI DI COMUNI, PROVINCE, E NOVE CITTÀ METROPOLITANE. Il ddl inizia a definire le funzioni di Comuni, Province e città metropolitane, in attesa della Carta delle Autonomie. In particolare per le Città metropolitano ci sono norme transitorie che riguardano Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e – aggiunta alla Camera – Reggio Calabria. In queste otto città potranno essere istituite le ‘Città metropolitane’, scelta che comporta la soppressione della Provincia. Comunque necessario un referendum tra tutti i cittadini dei comuni inclusi nell’area.

 

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