Giustizia; Pansini (ANF): riforma Bonafede contraddittoria. Rito civile semplificato e 3 anni in più per ragionevole durata dei processi è da teatro dell’assurdo

Invece di valutare riforme degli ultimi anni, si butta la palla in avanti. chi siede ai tavoli ministeriali non deve, nell’interesse della collettività, accettare soluzioni al ribasso “Difficile a credersi se non fosse tutto scritto nero su bianco. Sconcerta l’impostazione che il ministro Bonafede ha voluto dare alla sua riforma per incidere sulla velocità dei
Invece di valutare riforme degli ultimi anni, si butta la palla in avanti. chi siede ai tavoli ministeriali non deve, nell’interesse della collettività, accettare soluzioni al ribasso

“Difficile a credersi se non fosse tutto scritto nero su bianco. Sconcerta l’impostazione che il ministro Bonafede ha voluto dare alla sua riforma per incidere sulla velocità dei processi. Al 31 dicembre 2018 (ultimo dato disponibile) i procedimenti “a rischio legge Pinto” sono ben 484.675, un dato che il Guardasigilli e gli uffici del suo ministero hanno pensato non di aggredire, ma semplicemente di aggirare. Si, perché la riforma che, nel testo ad oggi noto, ha, tra gli altri, anche il dichiarato obiettivo di ridurre i tempi di durata dei processi codifica in realtà come tollerabili limiti ben al di sopra di quanto già oggi è previsto dalla legge Pinto, che fissa una durata massima di sei anni (tre in primo grado, due in appello e uno in Cassazione). Introdurre, da un lato, un nuovo rito semplificato per i giudizi civili dinanzi al giudice monocratico, come prevede il ‘Disegno di legge recante deleghe al governo per l’efficienza del processo civile e del processo penale’, e poi, dall’altro, leggere che la ragionevole durata di un procedimento é addirittura estesa, con le precisazioni che la norma contiene, a quattro anni per il giudizio di primo grado, tre per quello di appello e due per quello di Cassazione, ovvero a nove anni totali, è una contraddizione che vanifica in radice l’idea stessa di riforma, che mina la credibilità della giurisdizione del nostro Paese e che agli occhi del cittadino si presenta come l’ennesima mancata risposta alla sua domanda di giustizia. Se questi sono i risultati del lavoro di tavoli tecnici al Ministero, meglio lasciare le cose così come stanno e andare in vacanza”. Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Luigi Pansini.

 

“Abbiamo assistito negli ultimi anni – continua Pansini – all’emanazione di decreti legge su decreti legge per intervenire sulla durata dei processi, abbiamo assistito alla bocciatura dei rimedi preventivi e analizzato rapporti che restituivano una fotografia più fedele sul reale stato dei tempi della giustizia. Ragionevolezza avrebbe voluto che fossero verificati gli effetti degli interventi degli ultimi sei anni, e invece  ‘la madre di tutte le riforme’, la cui bontà nel merito é ancora da verificare, allo scopo di assicurare la speditezza dei procedimenti, prevede semplicemente di buttare la palla in avanti, per poi magari ricominciare a rincorrerla, con buona pace dell’affidabilità del nostro Paese e della capacità di attrarre investimenti  che sono correlati negativamente alle inefficienze della giustizia. Se a tutto ciò aggiungiamo che, stando alle segnalazioni pervenute, il pagamento degli indennizzi da legge Pinto é fermo al 2016 e che la Corte di legittimità potrebbe ammettere gli indennizzi “Pinto” sui procedimenti ‘”Pinto” sembra di vivere nel teatro dell’assurdo”.

 

“L’Avvocatura non può accettare soluzioni al ribasso – conclude Pansini – ed é singolare che chi siede al tavolo ministeriale abbia accettato in silenzio l’impianto del disegno di legge delega che sembra emergere dal testo che ad oggi si conosce”.