Cultura digitale, il ritardo italiano

Presentata a Roma, lo scorso 15 gennaio, la seconda edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali. Quattro i livelli di intervento necessari: cittadini, Pa e istituzioni, imprese e scuola Nel nostro Paese c’è un urgente bisogno di competenze digitali, occorre colmare il gap rispetto alle altre economie sviluppate. È l’appello lanciato dal palco del convegno “Cultura digitale,
Presentata a Roma, lo scorso 15 gennaio, la seconda edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali. Quattro i livelli di intervento necessari: cittadini, Pa e istituzioni, imprese e scuola

Nel nostro Paese c’è un urgente bisogno di competenze digitali, occorre colmare il gap rispetto alle altre economie sviluppate. È l’appello lanciato dal palco del convegno “Cultura digitale, un investimento per la società” che si è svolto a Roma il 15 gennaio scorso, in occasione della presentazione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali, condotto dalle principali associazioni Ict, AICA, Assinform, Assintel e Assinter Italia e promosso dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID).

 

Nel Rapporto, giunto alla sua seconda edizione, viene evidenziata la necessità di sviluppare una cultura digitale, rafforzando l’impegno  e stimolando gli interventi a quattro livelli principali: i cittadini (attraverso azioni di educazione digitale diffusa), la Pa e le istituzioni (accelerando l’e-Government e la dematerializzazione), le imprese (con strumenti che favoriscano l’innovazione e accrescono la competitività) e il mondo della scuola (favorendo la cultura digitale ed ogni livello, a tutti i docenti e studenti, in ogni indirizzo scolastico). Il Rapporto sottolinea inoltre la necessità di una condivisione degli obiettivi comuni, per amplificare e velocizzare il dialogo tra mondo dell’istruzione e del lavoro. Fra le indicazioni operative si suggerisce, ad esempio, di accelerare la definizione di una rinnovata normativa per gli Ifts, realizzare una piattaforma nazionale dei contenuti didattici digitali, introdurre innovativi percorsi di formazione accademici, promuovere attività di tutoraggio extra curricolari, migliorare il rapporto fra il mondo dell’istruzione e i bisogni del mercato del lavoro. Secondo il Rapporto, queste azioni sarebbero possibili grazie ad un “ecosistema collaborativo” delle competenze digitali, nato dalla collaborazione attiva di tutti gli attori sociali coinvolti.

 

Fra i dati che misurano le maggiori criticità in Italia, il Rapporto rivela lo scarso livello di copertura delle competenze Ict (definite sulla base del sistema europeo e-Competence Framework), misurato come simultanea presenza di tutte le componenti necessarie.  Il livello varia dal 73% delle aziende Ict al 67% delle società in house delle Regioni e Province Autonome al 48% delle aziende utenti, per poi scendere al 41% nella Pa Centrale e al 37% nella Pa Locale. Mentre in tema di osmosi scuola-lavoro, secondo il Rapporto, solo il 60% delle aziende e degli Enti ha rapporti continuativi con il mondo accademico, finalizzati prevalentemente ad assorbire risorse già formate per attività di stage o di supporto a tesi di laurea sperimentali. Poche infatti sono le realtà che partecipano ai comitati di indirizzo dei corsi di studio. I rapporti con gli Istituti Tecnici/Istituti di Istruzione Secondaria sono scarsi: solo il 27,3% delle aziende Ict e il 22% di aziende utenti ed Enti Pubblici li dichiarano.

 

Nel corso del convegno è stato inoltre presentato il Piano nazionale Scuola digitale, il documento di indirizzo del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per il lancio di una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana. Composto da 35 azioni, il piano verte su un’idea rinnovata di scuola, intesa come spazio aperto per l’apprendimento e come piattaforma che metta gli studenti nelle condizioni di sviluppare le competenze digitali.