Addizionali, tassa “occulta” da 17 miliardi

Pubblicato il “Rapporto sulle addizionali Irpef” di Confprofessioni. In dieci anni l’imposta regionale sale del 60%, quella comunale del 181,9%. E dopo tre anni di blocco, attesa una corsa al rialzo delle aliquote di Regioni e Comuni Tra il 2006 e il 2016 il peso delle addizionali Irpef ha registrato un incremento di oltre l’82%. Se
Pubblicato il “Rapporto sulle addizionali Irpef” di Confprofessioni. In dieci anni l’imposta regionale sale del 60%, quella comunale del 181,9%. E dopo tre anni di blocco, attesa una corsa al rialzo delle aliquote di Regioni e Comuni

Tra il 2006 e il 2016 il peso delle addizionali Irpef ha registrato un incremento di oltre l’82%. Se nel 2006, infatti, l’addizionale regionale complessiva a carico dei contribuenti ammontava a circa 7,47 miliardi di euro, nel 2016 lo stesso dato si attesta su un valore di circa 11,95 miliardi di euro con un incremento di oltre il 60%. Ancor più pesante il dato sull’addizionale comunale, che in termini di ammontare segna una crescita record del 181,9%, dai circa 1,68 miliardi nel 2006 ai circa 4,75 miliardi nel 2016.

 

È il primo dato che emerge dal “Rapporto sulle addizionali Irpef”, curato dall’Assemblea dei presidenti regionali di Confprofessioni e dall’Osservatorio delle libere professioni, in collaborazione con Il Sole 24 Ore. Non solo, secondo le analisi elaborate da Confprofessioni per il 2019 ci si dovrà aspettare un ulteriore incremento delle addizionali regionali e comunali, per effetto dello sblocco delle addizionali stesse previsto dalla legge di Bilancio 2019, stimato prudenzialmente vicino a un miliardo di euro.

 

 

 

L’addizionale regionale Irpef

Negli ultimi 5 anni il prelievo fiscale da addizionale regionale Irpef è passato da 11,01 a 11,95 miliardi di euro, con una crescita percentuale del 8,53%. Se, inoltre, si considera il prelievo medio sopportato dai soggetti passivi d’imposta l’incremento si attesta, per via della diminuzione del numero complessivo dei contribuenti, su una percentuale del 9,97%, passando da una media di 265,84 euro annui del 2012 a una media di euro 292,33 del 2016. In altre parole ogni contribuente italiano nel 2016 ha pagato in media 26,49 euro in più rispetto al 2012.

 

Disaggregando i dati per area geografica, è nel Nord Ovest che si concentra circa un terzo dell’ammontare delle addizionali regionali, a fronte del 19% del Nord Est, del 24% del Centro e del 25% del Mezzogiorno. In altre parole, un contribuente del Centro Italia paga in media circa 351 euro annui, a fronte dei 338 euro di un contribuente che risiede nel Nord Ovest, dei 261 di un residente nel Nord Est, dei 238 di uno del Sud e, infine, dei 220 di un cittadino delle Isole. La Lombardia è la regione che determina il maggiore ammontare di addizionale: nel 2016 circa 2,26 miliardi, ovvero il 18,90% dell’imposta raccolta su tutto il territorio nazionale. A seguire troviamo il Lazio con circa 1,76 miliardi (14,71%), il Piemonte con circa 1,26 miliardi (10,57%) e l’Emilia Romagna con circa 1,11 miliardi (9,28%).

 

 

L’addizionale comunale Irpef

Analogamente all’addizionale regionale, negli ultimi 5 anni il prelievo fiscale da addizionale comunale Irpef è passato da 4,02 a 4,75 miliardi di euro, con una crescita percentuale del 18,27%. Se, inoltre, si considera il prelievo medio sopportato dai soggetti passivi d’imposta l’incremento si attesta, per via della diminuzione del numero complessivo dei contribuenti, su una percentuale del 19,94%, passando da una media di 96,97 euro annui del 2012 a una media di euro 116,21 del 2016. In altre parole ogni contribuente italiano nel 2016 ha pagato in media 19,24 euro in più rispetto al 2012.

 

La Lombardia è la regione che determina il maggiore ammontare di addizionale: nel 2016 circa 952 milioni di euro, ovvero il 20,05% dell’imposta raccolta su tutto il territorio nazionale. A seguire troviamo il Lazio con circa 621 milioni (13,08%), il Veneto con circa 456 milioni (9,60%) e l’Emilia Romagna con circa 420 milioni (8,85%).Il minore ammontare di addizionale comunale, invece, è realizzato dalla Valle d’Aosta, con circa 2,5 milioni annui, seguita dal Trentino Alto Adige con circa 7,8 milioni, di cui 7,2 milioni riferiti alla provincia autonoma di Bolzano e appena 0,6 milioni a quella di Trento.

 

Tra le città capoluogo di provincia la prima è Roma, che occupa il nono posto assoluto, con una addizionale comunale media pro capite di euro 203,85, immediatamente seguita da Milano, al decimo posto con 203,34 euro. Tra le altre città più popolose d’Italia Bologna occupa la 43esima posizione (184,21 euro), Torino la 117esima (169,37 euro), Genova la 188esima (163,49), Palermo la 754esima (140,66), Bari la 871esima (137,34), Napoli la 1173esima (130,11), Catania la 1242esima (128,69), Firenze la 6342esima (36,43). In altre parole un contribuente residente a Roma nel 2016 ha pagato una addizionale comunale 4,6 volte più alta rispetto a un contribuente residente a Firenze.

 

 

Il Superindice di Confprofessioni

Nel Rapporto sulle addizionali, Confprofessioni ha elaborato un “Superindice” che evidenzia il carico fiscale medio per contribuente da addizionali Irpef. Nella classifica dei 7.979 comuni indagati svetta Lajatico (PI), dove nel 2016 i contribuenti hanno pagato mediamente addizionali per 994,35 euro, seguito da San Pietro Val Lemina (TO), con 960,75 euro pro capite, e da Pino Torinese (TO), con 959,55 euro pro capite. In fondo alla graduatoria troviamo Martello (BZ), con 8,55 euro pro capite, seguito da Tubre (BZ), con 11,83 euro pro capite, e Anterivo (BZ), con 13,88 euro pro capite. Dall’analisi delle città capoluogo, invece, scaturisce una classifica che vede al primo posto la città di Roma, dove nel 2016 i contribuenti hanno pagato mediamente addizionali per 770,96 euro. Seguono, staccate di oltre 100 euro, Milano (con 653,50 euro), Torino (638,19 euro), Novara (627,40 euro) e Biella (600,73 euro). La prima città del sud Italia è Caserta, che 589,75 euro annui pro capite occupa l’ottava posizione. La città maggiormente tax friendly è Bolzano, dove nel il contribuente medio ha versato 120,35 euro di addizionali, seguita da Barletta (con 212,79 euro), Gorizia (223,34 euro), Trento (224,25 euro) e Andria (230,59 euro). Tra la città con il più elevato prelievo medio da addizionali (Roma) e quella con il più basso (Bolzano), quindi, vi è una differenza di 650,61 euro annui: in altre parole un contribuente residente a Roma nel 2016 ha versato 5,41 volte le addizionali di un residente a Bolzano. Nel 2012 la differenza tra la città più “colpita” dall’addizionale (sempre Roma, con 612,62 euro) e quella meno “incisa” (Barletta, con 210,40 euro) era di 402,22 euro (ovvero “soltanto” 1,91 volte).

 

Gli scenari futuri

Se tra il 2016 e il 2018 le Regioni e i Comuni non hanno potuto ritoccare al rialzo le proprie aliquote, fermando il trend in aumento che era stato registrato fin dal 1998 (l’anno in cui sono state introdotte le addizionali), il Rapporto elaborato da Confprofessioni segnala che la legge di bilancio 2019 non ha riproposto il blocco dell’aumento di tali imposte, con la conseguenza che le relative aliquote potranno essere liberamente incrementate a partire dal 2019. Dopo tre anni di blocco, quindi, è possibile che si vada incontro a un aumento consistente delle addizionali che, secondo le previsioni cautelari di Confprofessioni, si avvicina a 1 miliardo di euro. «Probabilmente nei prossimi anni dovremmo aspettarci una ripresa della corsa al rialzo del prelievo fiscale da addizionali, tenendo conto anche delle altre novità legislative che presumibilmente impatteranno sul gettito di tali imposte e delle serie storiche», sottolinea Andrea Dili, presidente di Confprofessioni Lazio e coordinatore dell’Assemblea dei presidenti regionali di Confprofessioni. «L’incremento medio annuo registrato dal 2010 al 2015 (anno in cui gli aumenti sono stati bloccati) è stato di quasi un miliardo di euro (980 milioni), di cui 642,8 milioni di addizionale regionale e 337,6 di addizionale comunale. Considerato, quindi, che dopo tre anni di blocco è presumibile attendersi un incremento consistente delle addizionali, aspettarsi aumenti vicini a 1 miliardo di euro costituisce una previsione prudenziale».

 

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