Irap professionisti senza pace. I beni di rilevante valore

Quando la Corte di Cassazione a Sezioni Unite sembrava aver dipanato la matassa avviando a conclusione numerosi contenzioni che si trascinavano penosamente da anni con soluzioni delle diverse Sezioni della Corte che spaziavano dal bianco al nero passando da tutti i toni di grigio, ecco che la sentenza n. 17221 del 19/8/16, piombata nel bel

Quando la Corte di Cassazione a Sezioni Unite sembrava aver dipanato la matassa avviando a conclusione numerosi contenzioni che si trascinavano penosamente da anni con soluzioni delle diverse Sezioni della Corte che spaziavano dal bianco al nero passando da tutti i toni di grigio, ecco che la sentenza n. 17221 del 19/8/16, piombata nel bel mezzo della calura estiva, procura, è il colmo dell’ironia della sorte, nuovi sudori freddi ai professionisti.

Partiamo dalla pluriacclamata sentenza n. 9451 pubblicata il 10.5.2016 S della Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, la quale ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Regionale della Campania confermando la spettanza del rimborso all’avvocato che si era visto negato il rimborso dell’imposta versata e ritenuta non dovuta, posto che aveva come (unico) dipendente una segretaria.

La predetta sentenza ha enunciato il seguente principio di diritto: 

 “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:

  1. sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; 
  2. impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.

Finalmente dei punti fermi in questa annosa querelle riferita alla autonoma organizzazione.

Senonché, a distanza di soli tre mesi interviene la sentenza della Cassazione n. 17221 del 19/8/16 (doppiata dalla sentenza n. 17743 del 7 settembre 2016), la quale richiama i contenuti della sentenza delle SSUU, ma per sottolineare che la stessa si sofferma solo su tre concetti, di cui due certi e il terzo da verificarsi.

I principi certi:

  • Il primo: se un professionista si avvale di una struttura di altri non essendone egli responsabile ciò non è un elemento che comporta la debenza dell’Irap: quindi un professionista che si avvale di un centro di servizi o che si appoggia presso un collega, non per questo si può sostenere che abbia una autonoma organizzazione;
  • Il secondo: se il professionista ha un solo collaboratore che ha mansioni meramente esecutive, è evidente che questo di per sé non può apportare alcun valore aggiunto all’attività del professionista medesimo e non configura autonoma organizzazione.

Passiamo al terzo principio: se il professionista impiega beni strumentali non eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, allora non è soggetto ad Irap.

 

I beni strumentali di rilevante valore

Senonché, rileva argutamente e chissà, con velata soddisfazione, la Corte nella propria citata pronuncia dell’afosa estate di quest’anno, “i beni strumentali non eccedenti” attengono ad una valutazione di fatto posto che le SSUU non hanno dato parametri a cui rifarsi. Posto che la CT Regionale non ha analizzato il valore dei beni strumentali del contribuente va da sé che il ricorso del contribuente va accolto e rinviato per l’analisi di tale specifico aspetto ad altra Sezione della Commissione tributaria Regionale che dovrà decidere nel merito.

Quella dei beni strumentali di rilevante valore è una problematica nota che recentemente ha preso una piega improntata a coerenza almeno nel settore delle attività sanitarie: alcune sentenze della Cassazione hanno stabilito con specifico riferimento ai medici che l’attrezzatura anche di rilevante valore utilizzata nell’esercizio dell’attività di per sé non costituisce autonoma organizzazione. S’immagini un cardiochirurgo che per fare operazioni a cuore aperto si avvale di macchinari di svariate centinaia di migliaia di euro.

La suprema Corte si è così espressa: 

  • gli “strumenti di diagnosi”, per quanto complessi e costosi rientrano nelle attrezzature usuali (o che dovrebbero esserlo) per i medici di base. Pertanto, l’uso di una attrezzatura diagnostica seppur costosa non è sufficiente a fare del medico un soggetto passivo Irap (cass. 13048/12);
  • la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 48/2008, secondo la quale sono “sufficienti per il prelievo fiscale beni strumentali di valore superiore ai 15.000 euro” non è rilevante. Infatti, secondo la Suprema Corte, l’applicazione dell’IRAP necessita di “un analitico esame delle spese affrontate dal contribuente con specifica considerazione delle esigenze di chi esercita l’attività medica, per cui sono indispensabili strumenti di una certa consistenza e caratteristiche” (Cass. 18/108/2013).

Ora, se partiamo dal presupposto oramai codificato che un professionista può avere al massimo un collaboratore esecutivo se vuole scansare l’Irap, sembra evidente che il principio dell’accettazione del possesso di beni complessi e costosi per diagnosi mediche possa valere, mutatis mutandis, per qualunque bene complesso e costoso necessario in ogni campo professionale.

S’immagini un ingegnere che possiede una sofisticata attrezzatura per eseguire indagini geologiche, oppure passando al settore degli artigiani individuali (anch’essi esclusi da Irap al ricorrere delle oramai note condizioni) che devono dotarsi di una officina con strumentazione che ha costi non trascurabili (ad esempio, un carrozziere necessità di forno, macchinari per lucidatura, etc.).

Se l’approccio dell’avvalersi delle attrezzature usuali anche costose non significa dotarsi di autonoma organizzazione, laddove queste siano usuali per lo svolgimento dell’attività, va da sé che in linea generale qualunque bene strumentale, ove strettamente ed esclusivamente utilizzato per l’attività professionale, non potrà comportare assoggettamento ad Irap da parte del professionista e dell’imprenditore individuale artigiano.

Si può forse mettere in dubbio che un gelataio possa fare i gelati senza gli appositi macchinari? Si può affermare che detti macchinari non facciano parte delle attrezzature usuali dei gelatai?  Certamente no!

Andiamo oltre: si può affermare che il gelataio signor Cialda, che si avvale solo di una cassiera, che lavora in 15 mq di negozio nell’estrema periferia di Roma e ha i macchinari vecchi di 15 anni sia escluso da Irap, mentre il Gelataio signor Coppetta che si avvale sempre di una cassiera, ma che ha preso un negozio In Via del Corso a Roma di ben 30 metri quadrati ed ha comprato macchinari di ultima generazione, sia invece soggetto ad Irap?

Riteniamo sommessamente che non valga neanche la pena rispondere, se non ché si tratta allora solo di distinguere tra beni strumentali inerenti e beni strumentali non inerenti; questi ultimi al di là di ogni altra considerazione non sono neanche deducibili né dal reddito di impresa né dal reddito di lavoro autonomo.

C’è da temere che questi principi semmai dovessero essere condivisi passeranno attraverso una pletora di variopinte sentenze della suprema corte, talchè ne troveremmo conferma tra una decine di anni.

Peraltro, sembra utile, per completare il quadro di riferimento, riferire brevemente della recentissima risoluzione n. 82 del 28 settembre 2016 con la quale l’Agenzia ha risposto ad un interpello di un medico convenzionato il quale, nel ritenersi escluso da Irap, ha elencato, allegando copia del libro cespiti, i beni strumentali utilizzati nell’esercizio dell’attività: mobili, arredi, PC, stampante, condizionatore d’aria, automezzo ed altra attrezzatura di esiguo valore.

L’agenzia (comprensibilmente) ha risposto: “La verifica della sussistenza di un’autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP, come nel caso prospettato dall’istante, non può essere effettuata mediante la mera valutazione della documentazione prodotta in sede di interpello essendo, invece, necessario appurare le concrete modalità di esercizio dell’attività svolta attraverso un esame fattuale, non esperibile nell’ambito dell’istituto dell’interpello di cui all’articolo 11 della legge n. 212 del 2000.”

Dunque, avete capito?

Per sapere se dovete o non dovete pagare l’Irap non dovete andare a chiederlo all’Agenzia.

Dovete andare in Cassazione!

 

 

Sottotitolo:
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi