Ipoteche fiscali – come difendersi se sono illegittime

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi   In periodi di grande stress finanziario è necessario fare i conti anche con le pretese tributarie. In un precedente contributo abbiamo analizzato le molteplici possibilità di ravvedimento operoso che si offrono al contribuente, che può gestire in maniera relativamente ottimale le proprie scadenze, sapendo di poter fare affidamento

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

 

In periodi di grande stress finanziario è necessario fare i conti anche con le pretese tributarie. In un precedente contributo abbiamo analizzato le molteplici possibilità di ravvedimento operoso che si offrono al contribuente, che può gestire in maniera relativamente ottimale le proprie scadenze, sapendo di poter fare affidamento sul pagamento di un ammontare contenuto di interessi e sanzioni, finanche transitando per un frazionamento degli importi da ravvedere.

Nel prossimo futuro ci soffermeremo anche sulle rateazioni possibili nei confronti di Equitalia, ossia una fase postuma del rapporto con il fisco, quando ormai qualcosa già non ha funzionato per il meglio. Il confronto con Equitalia, però, porta in “dote” qualche inconveniente in più, rispetto al quale è bene fare il punto della situazione.

L’esecuzione forzata fiscale

Come qualunque credito anche quelli tributari sono suscettibili di esecuzione forzata, vale a dire l’avvio di procedure specifiche il cui fine è realizzare, anche contro la volontà del debitore, il soddisfacimento del credito vantato dal soggetto che la promuove: in pratica si tende ad espropriare i beni al debitore, con l’obiettivo di venderli per destinare il relativo ricavato al soddisfacimento del credito. Tra le attività che l’Agente della riscossione pone in essere al fine di recuperare le somme iscritte a ruolo si possono poi distinguere le procedure esecutive da quelle meramente cautelari che, in quanto tali, non realizzano una procedura espropriativa sul bene ma sono esclusivamente dirette a fornire all’Agente della riscossione una garanzia sui beni del contribuente. Tra esse le più importanti e ampiamente utilizzate sono sicuramente l’ipoteca disciplinata dall’art. 77 d.P.R. n.602/73 e il fermo amministrativo di cui all’art. 86 dello stesso decreto.

Ritrovarsi con un’ipoteca o un fermo amministrativo purtroppo non è più una rara evenienza. Anzi, proprio negli ultimi tempi caratterizzati da una forte crisi economica e dalle conseguenti norme che il Parlamento ha approvato a tutela dei contribuenti e dei suoi beni, le misure cautelari hanno acquisito un ruolo fondamentale nel processo di riscossione coattiva dei crediti iscritti a ruolo, in quanto allo stesso tempo assicurano all’Agente della riscossione una garanzia sui beni del contribuente ed evitano l’immediato ricorso alle procedure esecutive. Ciò permette al contribuente di valutare la propria situazione debitoria prima che vengano attivate le procedure esecutive sui suoi beni ed estinguere il proprio debito magari ricorrendo a forme di pagamento dilazionato.

La funzione cautelare dell’ipoteca

Con particolare riferimento all’ipoteca, deve dirsi che l’istituto è stato caratterizzato da profonde modifiche normative nel corso degli ultimi tempi, tali da condizionarne sia l’applicabilità sia la relativa fase di gestione da parte del soggetto alla stessa sottoposta.

Non si vuole assolutamente tediare il lettore con una serie di richiami normativi e di prassi, ma alcune precisazioni sono importanti per comprendere la fattibilità di alcune procedure e le relative implicazioni. Sul piano pratico, l’obiettivo è comprendere da un lato come mai sia possibile subire un’ipoteca e dall’altro in che modo sia possibile difendersi dalla stessa.

La natura di provvedimento cautelare con funzione di garanzia emerge con chiarezza sia in forza delle precisazioni dell’Agenzia delle Entrate (la risoluzione n.128/E/02 ha assimilato l’ipoteca dell’Agente della riscossione ad una funzione di garanzia reale), sia dal tenore letterale del secondo comma dell’art.77 che impone all’Agente della riscossione di far precedere l’espropriazione immobiliare dall’iscrizione di ipoteca in presenza di crediti di importo non superiore al 5% del valore dell’immobile da sottoporre a pignoramento ed introduce un ulteriore termine dilatorio (sei mesi dall’iscrizione) per l’inizio dell’espropriazione stessa.

I limiti di importo entro cui l’ipoteca non è iscrivibile

Il D.L. n. 16 del 2012 ha ulteriormente ribadito il concetto, stabilendo che l’ipoteca è una misura a garanzia del credito indipendente dalla procedura esecutiva, disponendo testualmente che “L’agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può iscrivere la garanzia ipotecaria”. Tale decreto ha tra l’altro introdotto il limite di 20.000,00 euro al di sotto del quale l’agente della riscossione non può procedere all’iscrizione di ipoteca.

Da parte sua, il D.L. n. 69 del 2013 ha disposto l’impignorabilità dell’immobile di proprietà del debitore adibito ad uso abitativo e dove lo stesso vi risiede anagraficamente e innalzato a 120.000,00 mila euro il limite al di sotto del quale non si può comunque procedere ad espropriazione forzata per gli altri immobili diversi dall’abitazione principale.

Sul punto è intervenuto l’articolo 77 del d.P.R. 602/1973, il quale dispone che l’agente della riscossione può iscrivere la garanzia ipotecaria anche laddove non si siano conclamati i presupposti per procedere all’espropriazione di cui al precedente art. 76: e così, nella sostanza, è possibile da parte dell’agente della riscossione iscrivere ipoteca su un immobile che, tuttavia, per legge non è possibile pignorare. E’ così evidente che l’ipoteca assume una funzione di garanzia del credito vantato dall’Erario.

L’obbligo del preventivo contraddittorio

Ebbene, per contrastare le mosse dell’agente della riscossione è utile rifarsi alla Corte di Cassazione SSUU n. 19667 del 18 settembre 2014, che ha preso in esame la mancata notifica, nei 30 giorni precedenti l’iscrizione dell’ipoteca, da parte dell’agente della riscossione della prevista comunicazione preventiva.

La suprema Corte ha sentenziato che l’invito al contraddittorio è un atto imprescindibile che deve precedere l’iscrizione dell’ipoteca dal momento che diversamente si lederebbe ingiustamente i diritti dell’interessato. Ed infatti, secondo la Cassazione il diritto del destinatario del provvedimento ad essere ascoltato prima dell’emanazione del provvedimento medesimo che lo interessa, costituisce secondo la Suprema Corte “l’inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall’articolo 24 Cost., e il buon andamento dell’amministrazione, presidiato dall’articolo 97 Cost”.

Ciò detto, occorre tuttavia ribadire che l’iscrizione dell’ipoteca mantiene la sua validità nonostante non sia stato esperito l’invio del preavviso di cui al predetto art. 77 comma 2-bis e fino al momento in cui il giudice non ne disponga la cancellazione.

L’impugnazione da parte del contribuente

Ciò comporta che l’ipoteca iscritta senza notifica del preavviso è annullabile ma non radicalmente nulla, il che significa che il contribuente deve eccepire l’illegittimità del provvedimento entro 60 giorni dalla notifica della notifica della prossima iscrizione ipotecaria.

Dal punto di vista procedurale, il contribuente può decidere:

  • di impugnare la comunicazione preventiva di ipoteca, nei 60 giorni;

  • di attendere la successiva iscrizione ipotecaria e impugnare quest’ultima.

Va da se che laddove il debitore dovesse opporsi all’iscrizione ipotecaria, potrà impugnare insieme a questa anche il precedente preavviso di ipoteca.

Sul punto la valutazione dell’una piuttosto che dell’altra eventualità è affidata al tipo di vizio per il quale si intende ricorrere: laddove s’intenda far valere un vizio formale rilevato nella notifica del preavviso di iscrizione ipotecaria conviene attendere la successiva notifica dell’iscrizione ipotecaria, posto che la giurisprudenza è allineata circa il fatto che i vizi formali della notifica sono di fatto sanati se l’atto da notificare ha comunque raggiunto il suo scopo, nel senso che è conosciuto dal debitore. Sotto il profilo contenzioso, l’impugnazione segue le regole contenute nel D.Lgs. n. 546/92 e dunque, il ricorso deve essere proposto alla Commissione Tributaria Provinciale competente per territorio relativamente ai crediti tributari; viceversa per crediti non tributari (esempio, contributi previdenziali o assicurativi), l’impugnazione deve essere proposta alla competente Autorità Giudiziaria Ordinaria.

La possibilità di rateizzare il debito

Laddove non si dovessero rilevare elementi tali da poter eccepire in contenzioso le pretese dell’agente della riscossione, il contribuente può chiedere di rateizzare il proprio debito. Va detto per la delicatezza che riveste la questione che solo un’istanza di rateizzazione presentata all’agente prima dell’iscrizione ipotecaria impedisce a quest’ultimo di iscrivere ipoteca in caso di accettazione della richiesta di rateazione. Invece, se l’ipoteca è già stata iscritta dall’agente della riscossione, non è possibile effettuare la cancellazione anche se la richiesta di rateazione dovesse essere accettata. L’unica possibilità in questa ipotesi è quella di ottenere, periodicamente, una riduzione dell’ipoteca in considerazione dei versamenti effettuati.