Per il professionista penality per le spese di aggiornamento e formazione

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi People Lending Money   Il principio sancito dall’articolo 54 del Tuir per la determinazione del reddito di lavoro autonomo è chiaro e di semplice applicazione: il reddito è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro e in natura percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di partecipazione

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

 

Il principio sancito dall’articolo 54 del Tuir per la determinazione del reddito di lavoro autonomo è chiaro e di semplice applicazione: il reddito è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro e in natura percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte e della professione.

Dunque si afferma il principio della tassazione per cassa e concorrono alla formazione del reddito tutti i costi inerenti l’attività di lavoro autonomo.

 

Costi inerenti ma non pienamente deducibili

Senonché, nei commi successivi, il legislatore ha introdotto una serie di limitazioni che comprimono notevolmente la deducibilità di taluni costi, ancorché inerenti. Beninteso, nel Tuir anche taluni costi delle imprese soffrono di limitazioni alla deducibilità, tuttavia per quanto riguarda i professionisti le caratteristiche di talli limitazioni lasciano veramente perplessi anche perché creano delle disomogenuità concettuali tra imprese e lavoratori autonomi, assolutamente prive di giustificazione.

Ci riferiamo alle spese di vitto e alloggio, spese di rappresentanza e spese di formazione e aggiornamento che non sono certo prerogativa dei soli lavoratori autonomi ma anche e, forse ancor più marcatamente e pericolosamente (volendo sposare improbabili tesi antielusive), dei soggetti imprenditori. Tuttavia, per i professionisti queste subiscono una notevole e ingiustificata penalizzazione. Ci soffermiamo in questa sede sulle spese di aggiornamento e formazione.

 

Spese di aggiornamento e formazione

Per il lavoratore autonomo le spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale, incluse quelle di viaggio e soggiorno, sono deducibili nella misura del 50% del loro ammontare. Questa arcaica disposizione è stata concepita in anni assai lontani in cui, talvolta (è doveroso sottolineare il termine, talvolta), evidentemente, questi corsi di formazione tenuti in paesi caraibici costituivano una piccola parte della spesa riferita alla formazione e una considerevole parte riferita a sollazzi non attinenti.

Nel frattempo molta acqua è passata sotto i ponti e -anche a seguito di interventi regolamentari che hanno introdotto l’obbligo della formazione continua- la realtà è assai distante rispetto a questa concezione oramai antidiluviana.

Va, peraltro, sottolineato che la limitata deducibilità delle suddette spese concerne anche l’ipotesi in cui a partecipare al convegno sia un dipendente del professionista, sempre che:

  • la documentazione delle spese sostenute sia intestata al professionista;

  • la partecipazione al convegno, congresso ovvero corso di formazione, da parte del dipendente, sia riferibile alle materie oggetto dell’incarico attribuito al dipendente nell’ambito del rapporto di lavoro.

Tutti presupposti ovviamente sono condivisibili, posto che si riferiscono agli imprescindibili elementi della documentabilità della spesa e dell’inerenza della stessa.

Ciò detto, resta il fatto che questi corsi, i quali come evidente non hanno assolutamente nulla di elusivo, sono deducibili per il professionista per il 50% delle spese sostenute.

Non vorremmo gettare benzina sul fuoco ma il dubbio amletico è se la deducibilità al 50% debba essere estesa anche a costi per iscrizione a videoconferenze o corsi di formazione elearning. Posto che la ratio della disposizione è quella prima descritta di limitare i comportamenti elusivi nel caso di specie la impossibilità di elusione è in re ipsa. Per uscire dall’angolo proponiamo che tali spese siano assimilabili a quelle di acquisto di un libro o di una rivista telematica dove, fermo restando l’inerenza, non vi è alcun limite di deducibilità.

 

Le limitative interpretazioni dell’agenzia

Tornando alla questione delle spese di formazione, annotiamo che la Circolare n. 35 del 20/9/2012 (paragrafo 2.1), ha fatto presente che il tenore letterale della disposizione contenuta nell’articolo 54 del Tuir non distingue in base alla tipologia di corso o seminario, talché la limitata deducibilità è riferibile anche a queste spese sostenute in un contesto di obbligo normativo.

Precedentemente l’Agenzia delle entrate nella circolare n. 53 del 5/9/2008, aveva altresì affermato, non senza polemiche in dottrina, che la disposizione che limita la deducibilità delle spese alberghiere e di ristorazione al 75%, contenuta nel primo periodo del suddetto comma 5 del predetto articolo 54 del Tuir, assume valenza di regola generale e, dunque, si applica anche quando tali costi di vitto e alloggio sono sostenuti in connessione alla partecipazione a convegni, seminari e simili.

Dunque abbiamo in primo taglio a monte e un secondo taglio a valle.

Preliminarmente occorre individuare i costi di vitto e alloggio riferiti alla formazione e falcidiarli del 25%, e subito dopo accettarli ulteriormente del 50%. Il risultato che si ottiene è l’importo deducibile dal reddito del professionista.

In sostanza a fronte di € 10.000 di spesa sostenuta si arriva € 3.750 di spesa deducibile (10.000*75% * 50%).

Detta impostazione, peraltro, è stata ribadita dalla circ. Agenzia delle Entrate 13.7.2009 n. 34.

Quel che si vuole sottolineare che, viceversa, le imprese che sostengono questi costi, per dipendenti, amministratori, o per il titolare in ipotesi di impresa individuale, non hanno questa limitazione. La quota di iscrizione al corso, seminario, master è pienamente deducibile così come anche le spese di viaggio, mentre le spese di vitto e alloggio si deducono secondo le regole generali. Vale a dire interamente nei limiti del plafond giornaliero previsto dal comma 3 dell’articolo 95 del Tuir.

 

La formazione del collaboratore

Un’ultima questione che non risulta sia mai stata oggetto di analisi da parte dell’amministrazione finanziaria è quella delle spese di formazione di un collaboratore (non ci si riferisce all’amministratore di società). C’è da chiedersi se tali spese sostenute dal professionista (o anche da un soggetto imprenditore) rientrino nel perimetro dell’inerenza, presupposto per la deducibilità o ne fuoriescano. Il collaboratore deve garantire il risultato concordato, a differenza del dipendente che deve garantire la sua prestazione ma non il risultato. Dunque, per quale motivo il committente del collaboratore dovrebbe “istruire” a proprie spese il collaboratore? Si tratta certamente di un problema di lana caprina, poiché si potrebbe affermare che sono giustificabili però i corsi di formazione erogati al collaboratore per fargli comprendere taluni meccanismi aziendali strettamente connessi alla prestazione in termini di risultato a quest’ultimo richiesta.

Certamente tutti questi problemi un effetto ce o hanno di sicuro: scoraggiare gli investimenti in formazione, addestramento e aggiornamento. E questo in un paese in cui la carta costituzionale incentiva tali valori, non è un bene!