Verso la dichiarazione: come gestire deduzioni e detrazioni

Proviamo a dare un “tocco” di normalità in un periodo sicuramente travagliato, abbandonando (almeno in parte) la normativa emergenziale di periodo e iniziando il percorso di avvicinamento al prossimo adempimento dichiarativo, dando uno sguardo anzitutto alle novità in termini di benefici fiscali riconosciuti a tutti i contribuenti. Trattasi degli oneri deducibili e detraibili, che possono

Proviamo a dare un “tocco” di normalità in un periodo sicuramente travagliato, abbandonando (almeno in parte) la normativa emergenziale di periodo e iniziando il percorso di avvicinamento al prossimo adempimento dichiarativo, dando uno sguardo anzitutto alle novità in termini di benefici fiscali riconosciuti a tutti i contribuenti.

Trattasi degli oneri deducibili e detraibili, che possono consentire importanti riduzioni del carico fiscale, soprattutto se utilizzati in maniera razionale.

 

 

Il nuovo limite reddituale – Nozione di familiare a carico

Per l’anno 2019 si ha una modifica nella individuazione del limite reddituale utile per comprendere se un componente della famiglia è o meno a carico fiscalmente. Ricordiamo anzitutto che possono essere considerati a carico, anche se non conviventi con il contribuente o residenti all’estero:

  • il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
  • i figli (compresi i figli adottivi, affidati o affiliati), indipendentemente dal superamento di determinati limiti di età e dal fatto che siano o meno dediti agli studi o al tirocinio gratuito.

Possono poi essere considerati a carico anche i seguenti altri familiari, a condizione che convivano con il contribuente o che ricevano dallo stesso assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria:

  • il coniuge legalmente ed effettivamente separato (solo a seguito di divorzio l’ex coniuge non rientra nemmeno tra i familiari;
  • i discendenti dei figli;
  • i genitori (compresi quelli adottivi);
  • i generi e le nuore;
  • il suocero e la suocera;
  • i fratelli e le sorelle (anche unilaterali);
  • i nonni e le nonne.

L’agenzia delle entrate, ha precisato che la documentazione con cui comprovare il sostentamento degli altri familiari può essere fornita in qualsiasi modo, ad esempio producendo la copia dei pagamenti eseguiti per conto degli stessi (si pensi al nonno che paga la retta di frequenza dell’asilo per il nipote: tale soggetto avrà naturalmente a carico il figlio, se lo stesso ha un reddito che non supera il limite di reddito previsto (vedi oltre), può dimostrare di avere a carico anche il nipote e potrebbe avere anche a carico la nuora se comprova altresì di sostenere le spese nel suo interesse. È importante notare, peraltro, che la nozione di altri familiari non rinvia semplicemente ai “parenti entro il terzo grado o agli affini entro il secondo”, ma reca una rigida elencazione dalla quale non può sfuggirsi: giusto per fare un esempio, uno zio non potrà mai avere a carico un nipote e viceversa.

 

 

Il limite di reddito per il 2019

Per individuare i potenziali soggetti fiscalmente a carico, è necessario il rispetto di un limite “reddituale”. Infatti, sono considerati tali solo coloro che nel 2019 hanno posseduto un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili (inclusa la deduzione della prima casa).

Per i figli è però introdotta una novità a decorrere dal 2019: per quelli di età non superiore a 24 anni il requisito di “fiscalmente a carico” è riconosciuto con una soglia reddituale più alta, ossia uguale o inferiore a 4.000 euro, sempre al lordo degli oneri deducibili.

Per i giovani, dunque, vi è una sorta di apertura all’immissione nel mondo lavorativo, in modo da non pregiudicare i benefici spettanti ai genitori: di fatto si tollera una percezione più elevata del reddito, in attesa che questi ragazzi possano diventare autonomi.

È bene però rammentare due aspetti al riguardo.

In primo luogo, nella determinazione del reddito di riferimento si devono considerare anche importi ulteriori rispetto al reddito complessivo, come ad esempio quelli delle locazioni sottoposti a cedolare secca o quello dei contribuenti che hanno adottato il regime forfettario. Pertanto, proprio tornando ai giovani, bisognerà fare attenzione alle casistiche di contemporanea presenza di redditi ordinari (si pensi ad una prestazione occasionale di 3 mila euro) e redditi forfettari (2 mila euro): in una simile ipotesi, anche l’under 24 non è più fiscalmente a carico (e si ricorda che il limite reddituale può essere superato anche l’ultimo giorno dell’anno, con cancellazione per l’intero 2019 del carico di famiglia).

In secondo luogo, molto importante, la fruizione o meno della detrazione per i familiari a carico non impedisce una diversa ripartizione delle detrazioni e deduzioni spettanti per gli oneri sostenuti nell’interesse dei medesimi familiari.

 

Un esempio per capire

Il punto merita un esempio pratico. Le detrazioni per carichi di famiglia sono solitamente attribuite al 50% ai coniugi, salvo decidere una fruizione al 100% a coloro che hanno reddito più elevato.

Ebbene, a prescindere dalle percentuali decise per l’attribuzione della detrazione, non viene meno il requisito di “soggetto fiscalmente a carico”, con il corollario che nella ripartizione ad esempio delle spese mediche, i genitori potranno liberamente decidere.

Resta, invece, invariato il meccanismo di riconoscimento della detrazione, che è sempre inversamente proporzionale al reddito del contribuente.

 

 

Le novità per gli oneri

Il mondo degli oneri deducibili e detraibili è sempre variegato.

Accanto agli oneri che possono definirsi “storici”, quali le detrazioni per le spese mediche, le assicurazioni, gli interessi passivi per i mutui prima casa (argomento su cui si tornerà a breve), ovvero le deduzioni per i contributi e ancora le detrazioni per gli interventi di recupero edilizio o per il risparmio energetico, ogni anno si scorgono delle novità apportate dal legislatore.

Come anticipato, è bene ricordare la libertà di scelta nella ripartizione delle spese sostenute nell’interesse dei familiari. Dopo di che, come consiglio pratico, è opportuno non applicare la logica.

Richiamando l’esempio precedente del nonno che sostiene le spese dell’asilo del nipote, se è vero che il documento di spesa permette di considerare il nipote come fiscalmente a carico, è altrettanto vero che non tutte le spese sostenute nel suo interesse sono detraibili e per quanto possa sembrare assurdo proprio la spesa di frequenza dell’asilo nido (giusto per richiamare un caso concreto) non consente il relativo beneficio: per esplicita previsione normativa, infatti, la detrazione spetta solo ai genitori (e se questi non possono fruirne, non è cedibile).

Per il 2019, procedendo in sintesi, queste le modifiche intervenute:

  • nuova detrazione per il riscatto dei periodi non coperti da contribuzione (c.d. “pace contributiva”): l’onere sostenuto per il riscatto degli anni non coperti da contribuzione può essere detratto dall’imposta lorda nella misura del 50% con una ripartizione in 5 quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento della spesa e in quelli successivi. Possono fruire del riscatto dei periodi non coperti da contribuzione coloro che al 31 dicembre 1995 non avevano anzianità contributiva. La detrazione spetta anche ai superstiti dell’assicurato o dai suoi parenti ed affini entro il secondo grado che hanno presentato domanda e sostenuto l’onere per conto dell’assicurato stesso. Parlando di contributi e di riscatto, si rammenta che è pur sempre possibile procedere al riscatto degli anni di laurea dei propri figli, fruendo alternativamente della detrazione del 19% se non hanno ancora iniziato l’attività lavorativa e non sono iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza, ovvero della deduzione dal reddito nelle altre ipotesi;
  • nuova detrazione per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica. Si tratta delle spese sostenute dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021 per l’acquisto e posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, con un beneficio nella forma della detrazione dall’imposta lorda nella misura del 50% dell’ammontare delle spese sostenute, di ammontare comunque non superiore a 3.000 euro, con una ripartizione in 10 rate annuali di pari importo. Le spese agevolate, oltre che relative alle predette ipotesi di acquisto e posa in opera di infrastrutture di ricarica, includono anche i costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino ad un massimo di 7 kW, nonchè le opere strettamente funzionali alla realizzazione dell’intervento. Deve trattarsi di infrastrutture dotate di uno o più punti di ricarica di potenza standard e non accessibili al pubblico. I contribuenti che intendono fruire dell’agevolazione devono possedere o detenere l’immobile o l’area in base ad un titolo idoneo. La detrazione si applica anche alle spese per l’acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica sulle parti comuni degli edifici condominiali. I pagamenti devono essere avvenuti con bonifico bancario o postale ovvero con altri mezzi di pagamento tracciabili quali, ad esempio, carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari (tali modalità di pagamento invece non sono richieste per i versamenti da effettuarsi con modalità obbligate in favore di pubbliche amministrazioni);
  • innalzamento ad 800 euro del limite di spese per le quali è possibile fruire della detrazione per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione. Nel caso delle Università (nonché dei master e altri corsi di specializzazione o perfezionamento) i limiti di spesa sono direttamente fissati con decreto del ministero dell’istruzione.

Nel resto, tutto è rimasto immutato, rammentandosi comunque la necessità di prestare la massima attenzione soprattutto alla documentazione e al rispetto degli adempimenti procedurali richiesti per il riconoscimento dell’agevolazione, procedendo, laddove possibile, anche alla c.d. remissione in bonis.

 

 

Occhio ai mutui

Un’ultima precisazione intendiamo effettuarla con riguardo alle detrazioni previste per gli interessi passivi pagati in riferimento ai mutui contratti per l’acquisto, ristrutturazione o costruzione dell’abitazione principale. Trattasi di due mutui che danno diritto a benefici diversi, che hanno qualche caratteristica in comune (come l’essere mutui ipotecari o richiedere che l’immobile sia adibito ad abitazione principale del contribuente o di un suo familiare), ma anche tanti punti di discordanza (diverso limite di spesa, diversi riferimenti temporali, diversa possibilità di fruire – per i mutui acquisto – o non fruire – per i mutui costruzione – della detrazione spettante per il coniuge a carico).

Non si intende in questa sede essere molto tecnici, ma è importante rammentare le tempistiche che devono essere rispettate per la fruizione dell’agevolazione (ricordando che la detrazione è collegata al pagamento degli interessi, a prescindere – nella generalità dei casi – dall’aver adibito l’immobile ad abitazione principale, circostanza che può essere soddisfatta anche dopo, pur se nel rispetto della norma).

In particolare:

  • per i mutui destinati all’acquisto dell’abitazione principale, la norma prevede quale casistica classica che il mutuo debba essere contratto nel periodo compreso tra l’anno antecedente e l’anno successivo all’acquisto e che poi l’immobile sia adibito ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto. Così, ad esempio, un mutuo contratto a giugno 2019, con acquisto eseguito a il 31 gennaio 2020, già consente di detrarre gli interessi pagati nel 2019 a condizione, ovviamente, che l’immobile sia adibito ad abitazione principale entro il 31 gennaio 2021;
  • per i mutui costruzione, invece, il mutuo deve essere contratto nei sei mesi antecedenti o nei 18 mesi successivi all’inizio dei lavori, mentre l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro sei mesi dalla chiusura dei lavori. Anche in questo caso è evidente che la detrazione per il 2019 può essere già fruita a prescindere dal requisito “abitazione principale”.

 

 

Non lasciarsi ingannare con le proroghe COVID-19

Perché richiamiamo l’attenzione sul rispetto di tale tempistica?

Perché non bisogna ingannarsi rispetto ad un intervento contenuto nel decreto 23 del 2020 in materia Covid con riguardo all’agevolazione prima casa. Il decreto richiamato, infatti, è intervenuto solo in riferimento alle agevolazioni in materia di registro, ma nulla ha disposto per la tempistica da rispettare in materia di detrazione per i mutui. Non è dato sapere se trattasi di una dimenticanza o di una scelta voluta, ma tanto è. Si propende per “la dimenticanza”, dato che se il fine dell’intervento eseguito è quello di conservare i benefici fiscali in considerazione delle limitazioni connesse al periodo emergenziale e dunque alla difficoltà di perfezionare il trasferimento di residenza, non si comprende per quale motivo non sia stata prevista una sospensione dei periodi dapprima richiamati.

Ma, si ripete, il legislatore non è affatto intervenuto in tal senso e dunque tutti coloro che hanno contratto il mutuo nel 2019 e hanno intenzione i detrarre, secondo le varie regole applicative, devono ricordarsi di rispettare il requisito temporale entro cui adibire l’immobile ad abitazione principale, poiché non è intervenuta sospensione di sorta.

Ed avendola evocata, per completezza, citiamo anche una ulteriore disposizione, che comunque può avere il suo interesse. Si tratta dell’articolo 24 del DL 23 del 2020, che, considerate come detto le ovvie difficoltà nella conclusione delle trattative di compravendita, al fine di non compromettere la fruizione dei benefici fiscali connessi all’acquisto dell’immobile da adibire ad abitazione principale (o anche al riacquisto), sospende nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020 i termini che incidono nel riconoscimento delle agevolazioni “prima casa”.

Trattasi in particolare:

  • del termine di 18 mesi, per trasferire la residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile per il quale si è fruito dell’agevolazione di cui alla Nota II bis, Tariffa, Parte I, D.P.R. 131/1986;
  • del termine di un anno per il riacquisto dell’abitazione principale, nel caso di cessioni della precedente abitazione avvenuta entro i cinque anni dal precedente acquisto, su cui si era fruito dell’agevolazione;
  • del termine di un anno, a decorrere del nuovo acquisto con “agevolazione”, per la vendita del vecchio immobile ancora in possesso.

La norma poi sospende sempre fino al 31 dicembre 2020 anche il termine di un anno per il riacquisto dell’immobile da adibire ad abitazione principale per la fruizione del credito d’imposta di cui all’articolo 7, L. 448/1998.

Autore/i:
Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi