Tre passi verso il professionista europeo

Regolazione e mercato; mobilità; imprenditorialità per arrivare a una definizione comune. L’intervento del presidente Gaetano Stella al workshop del Cese sulle professioni in Europa L’opinione del Comitato economico e sociale europeo (Cese) “The role and future of the liberal professions in European civil society 2020”, del 25 marzo 2014, rappresenta un eccellente punto di partenza
Regolazione e mercato; mobilità; imprenditorialità per arrivare a una definizione comune. L’intervento del presidente Gaetano Stella al workshop del Cese sulle professioni in Europa

L’opinione del Comitato economico e sociale europeo (Cese) “The role and future of the liberal professions in European civil society 2020”, del 25 marzo 2014, rappresenta un eccellente punto di partenza per definire gli elementi comuni delle libere professioni in Europa e programmare le strategie europee. Diversamente da altre posizioni delle istituzioni europee, infatti, il Cese dà il dovuto risalto al ruolo pubblico delle professioni, alla responsabilità sociale dei professionisti, ed alla necessaria proporzionalità tra interessi pubblici perseguiti e regolazione pubblica.

 

Nell’ambito di una definizione condivisa del professionista europeo, un primo elemento determinante è rappresentato dalla perdurante esigenza di individuare il punto di equilibrio tra intensità della regolazione del settore e apertura dei mercati dei servizi professionali. In questa prospettiva, una definizione comune delle libere professioni deve basarsi su principi fondamentali quali l’etica, il professionalismo (che include l’obbligo di formazione e aggiornamento continui), l’autonomia nell’organizzazione del lavoro, la qualità della prestazione professionale, la competitività e l’innovazione per i quali i professionisti devono saper accettare le sfide e sfruttare le opportunità. Un altro punto da tenere in considerazione riguarda il ruolo propulsivo degli studi nella crescita e nell’occupazione. Nonostante la loro dimensione piccola e media, all’interno degli studi operano una pluralità di figure professionali (consulenti, dipendenti e vari prestatori di servizi), tra cui molti giovani.

 

Un secondo elemento essenziale dell’identità del “professionista europeo” deve riguardare la sua accresciuta mobilità e trasversalità rispetto ai confini nazionali. Molte realtà del mondo professionale frappongono ostacoli aprioristici alla mobilità tra professionisti europei. Da tempo, invece, Confprofessioni opera per promuovere la mobilità dei professionisti, la definizione di piattaforme comuni su temi condivisi, a partire da standard etici generali, piattaforme armonizzate di formazione professionale e perfino criteri unitari per l’accesso alle professioni. La direttiva qualifiche, recentemente riformata, è stata il frutto di una dialettica proficua con Parlamento e Commissione, che hanno compreso le esigenze di cautela del sistema professionale, raggiungendo risultati significativi in termini di accrescimento della mobilità.

 

In questo senso, occorre impegnarsi nella progressiva armonizzazione delle piattaforme formative: il mutuo riconoscimento delle qualifiche è un punto di partenza essenziale, ma l’armonizzazione deve rappresentare il punto di arrivo dei professionisti europei. Occorre poi proseguire l’esercizio di trasparenza e darvi seguito attraverso la rimozione di inutili ostacoli alla mobilità dei lavoratori, come quelli che si rinvengono in alcune delle nuove professioni e dei professioni regolamentate in forma non ordinistica.

 

Un terzo elemento riguarda la dimensione imprenditoriale del libero professionista. È chiaro che esistono delle differenze strutturali tra attività libero professionale, con tutte le sue specificità, e  lavoro imprenditoriale. Tuttavia, dobbiamo prendere atto che la realtà sociale ed economica invita i professionisti a valorizzare la propria vocazione creativa, innovativa, l’investimento su se stessi e sull’organizzazione ottimale della propria attività. Il lavoro professionale – con il suo dinamismo, la ricchezza delle competenze intellettuali che mette in circolo, la componente di autonomia che consente di realizzare – non rappresenta un problema, ma una risorsa del modello economico europeo. Questo panorama fatto di intelligenza e creatività deve essere però sostenuto e difeso attraverso misure di promozione, non certo declassato o abbattuto.

 

Le recenti azioni della Commissione per supportare il settore delle professioni hanno determinato conseguenze rilevantissime nel nostro Paese. Lo sforzo per ottenere l’estensione ai liberi professionisti delle risorse derivanti dai Fondi strutturali europei – condotto da anni da Confprofessioni – è stato premiato con la legge di stabilità dello scorso anno, che ha espressamente riconosciuto questa equiparazione, in sintonia con il diritto europeo. Al contempo, i professionisti sono chiamati a nuove sfide di creatività e innovazione, per intercettare questi fondi, entrare in sintonia con le trasformazioni delle nostre società, aggregarsi in modo trasversale per favorire la competitività. È così, nella concretezza della vita professionale, che prende forma il “professionista europeo”.