Pago o contesto? Come orientarsi in base ai costi e risparmi

  Cosa fare quando il fisco “bussa alla porta” e avanza pretese onerose? Il non addetto ai lavori è spesso pervaso da un senso di impotenza e timore, condito da una notevole ansia. Ferma restando la necessità di rivolgersi ad un professionista di fiducia, che sappia soprattutto interpretare correttamente le contestazioni mosse e le relative

 

Cosa fare quando il fisco “bussa alla porta” e avanza pretese onerose? Il non addetto ai lavori è spesso pervaso da un senso di impotenza e timore, condito da una notevole ansia. Ferma restando la necessità di rivolgersi ad un professionista di fiducia, che sappia soprattutto interpretare correttamente le contestazioni mosse e le relative implicazioni, è evidente che il diretto interessato deve poter avere una visione complessiva della vicenda e degli oneri connessi.

Gli elementi che devono essere considerati muovono in tre direzioni:

  1. Concrete possibilità difensive, come illustrate dal professionista prescelto. Ovvio che sul punto non può che analizzarsi “caso per caso”, potendo offrire al contribuente/cliente il solo suggerimento di farsi illustrare dal consulente le tesi difensive e il relativo fondamento. Sul tema sia consentito comunque sottolineare che il processo tributario presenta dei lati “oscuri” e di elevata opinabilità, essendo un procedimento di tipo “documentale”, ossia fondato solo sui documenti che delineano il perimetro del contenzioso, con impossibilità della prova testimoniale, così come sul piano accertativo sono ammesse (anzi, rappresentano la stragrande maggioranza dei casi), ricostruzioni di tipo presuntivo, con conclusioni che possono apparire attendibili pur se non aderenti alla realtà dei fatti. Ciò ad evidenziare che il rischio di avere una decisione negativa inaspettata non deve essere ritenuto ipotetico;
  2. Alternative deflattive e riduzioni ottenibili, per contenere il rischio dell’esito negativo dell’eventuale contenzioso;
  3. Costi delle diverse procedure. È il punto più delicato della vicenda, che può spostare di molto la scelta soprattutto quando si giunge al giusto (o accettabile) compromesso tra il quantum dovuto e l’importo che in maniera sicura si evita di versare al fisco.

 

La valutazione dei costi – calcoli di convenienza

La variabile dei “costi” merita di essere approfondita da subito, con premessa che gli importi legati al costo del professionista sono non certificabili perché dipendono da una serie di fattori che non possono prescindere dall’analisi concreta della pratica, pertanto si procederà in tale direzione ad una valutazione di massima. In particolare, è possibile analizzare la seguente casistica:

  • Si ipotizzi la notifica di un avviso di accertamento, fondato sul recupero sia di componenti positivi e che di componenti negativi, con recupero d’imposta pari a € 10.000 e sanzione per infedele dichiarazione pari a € 9.000.  In caso di contenzioso tributario avviato mediante il ricorso del contribuente, è bene subito precisare che la pretesa del fisco sarà per l’intero importo, oltre la debenza degli interessi, con l’evidente implicazione che in caso di “sconfitta”, tutto l’importo di 19.000 euro (oltre, si ripete, agli interessi e ai vari oneri della riscossione), sarà dovuto all’amministrazione finanziaria;
  • Nell’ipotesi del ricorso, però, bisogna stimare anche i costi professionali. Per la redazione del ricorso e stimando l’eventualità di almeno due gradi di giudizio, ossia anche la difesa in regionale (ricordando comunque che l’ulteriore ricorso per Cassazione avrebbe costi anche più elevati), si può ipotizzare spese per circa € 4.000 (tra ricorso, appello, trasferte e incontri con l’ufficio, contributi, varie ed eventuali);
  • Da quanto sopra deriva che il costo massimo potenziale del contribuente è stimabile a € 23.000 in caso di esito negativo (oltre alla condanna alle spese giudiziali, interessi e spese di riscossione); solo nell’ipotesi di una vittoria (e senza il ricorso in Cassazione), i costi potrebbero attestarsi a € 4.000 (salvo il recupero derivante dall’eventuale condanna alle spese stabilita nei confronti dell’amministrazione finanziaria).

Quale alternativa immediata si offre? L’istituto deflattivo più conosciuto è quello dell’accertamento con adesione. Prescindendo da analisi tecniche, sia sufficiente ricordare che in una simile ipotesi di adesione concordata con l’Agenzia delle entrate, è possibile ottenere due effetti positivi:

  • la rideterminazione degli importi dovuti;
  • la riduzione delle sanzioni, che non soltanto sono proporzionate agli importi definiti, ma sono anche ridotte nella misura di 1/3 del minimo edittale.

Rimanendo pratici, immaginando di rideterminare l’importo dovuto in € 6.000, le sanzioni vengono ricalcolate in € 5.400 e sono definibili per l’importo di € 1.800. Una simile chiusura, determina dunque un costo di € 7.800 oltre interessi, cui aggiungere i costi professionali per il buon esito della procedura (immaginiamo siano pari a € 1.200).

 

Il raffronto – chiudo e pago o vado avanti?

L’esempio numerico sviluppato in precedenza offre la possibilità di analizzare i parametri del raffronto. Esemplificando (e rammentando che non sono considerati gli interessi dovuti, essi sono:

·       Contenzioso: rischio di perdere per € 19.000, con costi di base € 4.000 (totale € 23.000, oltre addebito delle spese di giudizio);

·       Adesione: risultato di € 7.800, con costo di base € 1.200 (totale € 9.000).

È chiaro che il contribuente deve porre sul piatto della bilancia la certezza di dover affrontare uscite monetarie per € 9.000 e chiudere la vicenda, con l’incertezza di pagare comunque € 4.000 di costi professionali e poi magari subire una sconfitta per € 19.000, oltre le spese di giudizio.

A ben vedere, il termine di paragone più sensato è anzitutto rapportare:

  • il costo complessivo dell’adesione, incluso le spese professionali, pari a € 9.000;
  • il costo minimo professionale per l’eventuale contenzioso (stimato a € 4.000).

Ragionando in questi termini, il contribuente deve entrare nell’ottica che la spesa eccedente in caso di adesione all’accertamento è pari, con ragionevole certezza, a € 5.000, perché i costi professionali devono essere comunque sostenuti e non è detto che anche in ipotesi di contenzioso vittorioso si ottenga la condanna al pagamento delle spese da parte dell’Amministrazione finanziaria. Al che il costo “ulteriore” dell’adesione è di 5.000 euro, che porta in dote però la sicurezza di non essere condannato in futuro per € 19.000, oltre potenzialmente le spese di giudizio, gli interessi e gli oneri della riscossione. È di tutta evidenza che la possibilità di definire la vicenda, senza rischi eccessivi e con il sostenimento di un minimo costo in più potrebbe spostare di molto l’ago della bilancia: nel nostro esempio, il contribuente “acquisisce” la certezza di chiudere la lite con il fisco pagando, di fatto, il 20% del potenziale importo massimo di costo che dovrebbe sostenere se il contenzioso avesse esito negativo.

Un pensiero alla definizione in adesione sarebbe dunque più che lecito.

 

Quando la coscienza la si ha almeno un po’ sporca

Il calcolo elaborato in precedenza e la sottostante decisione risultano addirittura facilitati se il contenzioso si presenta con un’elevata possibilità di esito parziale.

Immaginiamo che nelle migliori delle valutazioni eseguite, dei € 10.000 contestati, in ogni caso € 3.000 sono dovuti perché oggettivamente indifendibili (si pensi, ad esempio, all’errata deduzione dei costi delle autovetture aziendali). Dunque è possibile difendersi in maniera adeguata sui compensi ricalcolati dall’amministrazione finanziaria, ma non sui costi.

In caso di adesione, l’obiettivo ottimale sarebbe di scendere a € 3.000 (che sono indifendibili), con sanzioni di € 2.700 definibili nella misura di € 900 (1/3). La nostra migliore soluzione, pertanto, avrebbe un costo di € 3.900 (ovviamente poi sono dovuti sempre gli interessi).

Si immagini che l’ufficio invece proponga € 5.000, con sanzioni di € 4.500 definibili nella misura di € 1.500 (1/3), con costo totale di € 6.500. In pratica l’ufficio vuole comunque accertare anche 2 mila euro di maggiori compensi.  A completare l’esempio, consideriamo invariati i costi professionali per l’assistenza ricevuta nella procedura di adesione, fissi nella misura di 1.200,00 euro.

Il contribuente, dunque, è chiamato a scegliere tra le seguenti alternative:

·       Chiudere il tutto accettando la proposta del fisco, con costo di € 6.500 (oltre interessi) e spese professionali per € 1.200, per un totale di € 7.700;

·       Optare per il contenzioso, sapendo però di non poter andare oltre una definizione parziale (i 3.000 euro sono, come detto, certamente dovuti). In questo caso anche l’esito positivo porterebbe ad una determinazione degli importi dovuti pari a € 3.000, ma con sanzioni a quel punto non definibili nella misura di un terzo e dunque dovute in misura piena, per l’importo di € 2.400. Quindi, in totale il costo è di € 5.400, cui aggiungere però il costo del contenzioso. Se anche dovesse trattarsi solo del primo grado di giudizio, il costo potrebbe essere di € 2.000, con dunque oneri complessivi per € 7.400.

È evidente che in simili ipotesi diviene tollerabile accettare la controproposta dell’Ufficio, dunque “lasciare” anche una parte di reddito accertabile, posto che comunque anche nella migliore delle ipotesi, in contenzioso si andrebbe a pagare una cifra pari a quella richiesta per l’adesione. Con il vantaggio non minimale, però, di evitare il rischio di perdere sull’intero importo contestato in accertamento (ossia 19.000 euro). L’opzione per l’adesione e l’accettazione della tesi dell’ufficio, pertanto, per quanto magari non convincente, transita per un’adeguata valutazione dei costi e dei rischi impliciti avendo sempre ben presente che in contenzioso, in caso di sconfitta, la pretesa sarebbe massima, oltre ai costi incrementati dei diversi gradi di giudizio, compreso l’addebito delle spese a favore dell’Agenzia in caso di sconfitta. Qualsiasi persona ragionevole, a ben vedere, nel nostro esempio potrebbe essere indotta ad accettare una definizione in adesione.

La morale è che spesso e volentieri bisogna andare oltre le mere questioni di principio e analizzare adeguatamente tutte le implicazioni della vicenda, dalla durata (defaticante) dell’eventuale contenzioso tributario, ai costi connessi, mettendo sul piatto della bilancia la certezza di una definizione veloce e il contenimento degli importi dovuti. Non è semplice, ma avere un minimo di cognizione sul da farsi è assolutamente indispensabile.

Sottotitolo:
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi