Il tramonto degli studi settore e l’alba degli indici di affidabilità

Il DL 193 del 2016 aveva dato una prima avvisaglia, poi l’articolo 9-bis del DL 50 del 2017 ha delineato il prossimo futuro dei contribuenti rientranti nell’applicazione degli studi di settore: lo strumento statistico finora conosciuto sarà progressivamente sostituito dagli indici di affidabilità, con cui l’amministrazione finanziaria andrà a misurare la correttezza fiscale dei contribuenti.

Il DL 193 del 2016 aveva dato una prima avvisaglia, poi l’articolo 9-bis del DL 50 del 2017 ha delineato il prossimo futuro dei contribuenti rientranti nell’applicazione degli studi di settore: lo strumento statistico finora conosciuto sarà progressivamente sostituito dagli indici di affidabilità, con cui l’amministrazione finanziaria andrà a misurare la correttezza fiscale dei contribuenti.

Sono previsti incentivi consistenti a coloro che, anche correggendosi in sede di dichiarazione, raggiungeranno soglie di affidabilità importanti; di contro, l’attività di controllo si concentrerà soprattutto su coloro che risulteranno molto distanti dai parametri amministrativi.

Scompare, invece, qualsiasi meccanismo accertativo automatico, non esistendo valori di congruità da raggiungere necessariamente, mentre viene richiesta solo una fedeltà compilativa da parte degli interessati.

Questo il quadro delineato dal legislatore, rispetto al quale è necessario soffermare l’attenzione sugli aspetti salienti, prescindendo da elevati tecnicismi.

 

Addio agli studi di settore

Con gli studi di settore ormai si è raggiunta una certa confidenza, forse anche troppo spinta, posto che la giurisprudenza ha sentenziato a più riprese che Gerico non può reggere in maniera autonoma un accertamento, essendo privo dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dal legislatore. Solo eventuali infedeltà compilative, peraltro gravi (ossia l’indicazione di falsi dati per l’elaborazione degli studi di settore), consente degli automatismi accertativi, diversamente il fisco non può ancorarsi alle sole risultanze statistiche.

Tale stato di cose ha indotto il legislatore a ripensare al meccanismo finora conosciuto, ormai vetusto, puntando invece in maniera decisa sull’obiettivo della compliance, vale a dire l’incentivo all’adeguamento spontaneo del contribuente.

In futuro e a partire dalla dichiarazione riferita all’anno 2017 (dunque dichiarazione dei redditi presentata nel 2018) tale compito sarà affidato agli “indici di affidabilità”, in grado di fornire un dato sintetico che consentirà di stabilire, su una scala da uno a dieci, quale è il grado di attendibilità del contribuente. L’obiettivo è quello di costituire una vera e propria pagella, prevedendo che quanto più elevato sarà il grado di affidabilità, tanto più il contribuente potrà accedere ad un particolare ed esclusivo sistema premiale ed evitare l’esposizione ad un rischio “selezione” per ulteriori e più approfonditi controlli.

 

La decorrenza a scaglioni

Ovviamente, l’avvento dei nuovi indici non sarà immediato per tutti i contribuenti, bensì avverrà con inserimento progressivo e in funzione di appositi provvedimenti, nonché previo vaglio e approvazione della relativa Commissione degli Esperti. Possiamo al riguardo affermare che l’assetto di fondo per la costruzione degli indici è speculare a quello degli studi di settore, dato che ci si affida all’analisi storica di dati ed informazioni rilevanti, adeguati in funzione di diverse variabili alla modalità di svolgimento dell’attività. Nel frattempo i vecchi studi di settore continueranno ad avere applicazione fino a quando, categoria per categoria, non si giungerà alla complessiva sostituzione.

 

La raccolta delle informazione-  gli obblighi del contribuente

Nella fase di costruzione degli indici, un ruolo attivo lo avranno anche i contribuenti interessati, chiamati a comunicare i dati economici, contabili e strutturali rilevanti per l’applicazione e la relativa elaborazione o perfezionamento.  Trattasi, peraltro, di una fase molto delicata cui gli interessati dovranno prestare particolare attenzione, perché il legislatore ha chiaramente previsto che in caso di omissioni o errori (si ritiene sostanziali e gravi) nelle comunicazioni, è consentito al fisco il ricorso all’accertamento puro, ossia quella tipologia di accertamento definibile quale “facilitato” posto che prescinde dai dati contabili del contribuente, potendosi fare affidamento a qualsiasi elemento, anche derivante dalle medie del settore di appartenenza.

 

I limiti di applicazione dei nuovi indici

Gli indici di affidabilità, come detto, avranno diffusione progressiva. Allo stesso tempo il legislatore si è preoccupato di fissare dei limiti di applicazione trasversali, speculari a quelli già conosciuti in materia di studi di settore, dato che i nuovi indici non si applicano con riguardo ai periodi d’imposta nei quali il contribuente:

  • ha iniziato o cessato l’attività, ovvero non si trova in condizioni di normale svolgimento della stessa;
  • dichiara ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione degli indici.

 

La finalità dei nuovi indici –  l’adeguamento dichiarativo

L’obiettivo primario degli indici di affidabilità è di incentivare l’azione di compliance, ossia l’adeguamento spontaneo da parte del contribuente. Deve sul punto sottolinearsi che non sussiste alcun meccanismo accertativo alla stregua di quanto conosciuto in materia di studi di settore: pertanto con i nuovi indici non si sentirà parlare più di necessità di adeguamento ad un valore di congruità, se si vuole evitare il rischio di un accertamento.

Nel futuro, dunque, verranno meno gli automatismi accertativi. Ciò nondimeno, in considerazione da un lato del regime premiale previsto e dall’altro delle implicazioni accertative in capo ai soggetti meno affidabili, i contribuenti in dichiarazione saranno comunque incentivati, direttamente (per raggiungere l’affidabilità più elevata) o indirettamente (per allontanarsi da soglie di inaffidabilità troppo pericolose), ad incrementare i propri ricavi o compensi dichiarati. In tale direzione è esplicita la norma con la conseguenza che nel caso dei professionisti sarà possibile indicare direttamente in dichiarazione dei maggiori compensi, imponibili ai fini delle imposte dei redditi, dell’Irap (se dovuta) e dell’IVA, rispetto ai quali le relative imposte saranno versate entro le scadenze ordinarie e senza sanzioni aggiuntive.

 

Il regime premiale e il rischio controllo

Il fulcro della nuova disposizione è rappresentato dall’aperta discrasia tra la previsione di un particolare regime premiale per i soggetti virtuosi e l’opposta previsione dell’inserimento in apposite liste selettive per i soggetti meno affidabili. Nel premettere che con apposito provvedimento devono essere individuati i diversi livelli di affidabilità, rispetto ai quali dovrà avvenire anche la graduazione dei premi ottenibili, appare abbastanza evidente che l’insieme delle previsioni è finalizzato ad incentivare l’innalzamento spontaneo delle dichiarazioni dei contribuenti: più si è affidabili, meno rischi si corrono; più in basso si è nella graduatoria di affidabilità, più esposti si è al rischio selezione. Al che è evidente che in dichiarazione dovranno farsi adeguati ragionamenti per comprendere l’entità dell’adeguamento o perché necessario per massimizzare i benefici o in quanto indispensabile per allontanarsi dalle “zone basse della classifica”, troppo esposte all’attenzione del fisco.

Assodato il concetto, è bene puntualizzare quali sono i benefici premiali. Tralasciando quelli di carattere amministrativo in ordine agli adempimenti in materia di visto di conformità, i vantaggi principali sono:

  • l’esclusione dell’applicazione della disciplina delle società di comodo;
  •  l’esclusione degli accertamenti analitici induttivi, ossia basati sulle presunzioni semplici c.d. qualificate, caratterizzate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza. Se a ciò si aggiunge che gli accertamenti induttivi puri possono essere effettuati nei casi tassativi previsti dal legislatore, è evidente che residua il solo accertamento analitico, ossia la tipologia di controllo più “faticosa” da parte dell’amministrazione finanziaria, chiamata in questo a caso a dimostrare in maniera precisa che un determinato accadimento rappresenta un maggior ricavo o compenso;
  • l’anticipazione di almeno un anno, con graduazione in funzione del livello di affidabilità, dei termini di decadenza per l’attività di accertamento. Pertanto, oltre alle minori possibilità derivanti dalla riduzione delle tecniche di controllo, il fisco avrà anche minor tempo disponibile per completare gli stessi, con l’implicita conseguenza che l’attenzione si concentrerà soprattutto sui soggetti non affidabili, posto che per gli affidabili la strada dell’accertamento diviene troppo tortuosa, in “salita” e con tempistiche ridotte;
  • l’esclusione delle persone fisiche dall’applicazione del redditometro, a condizione che il reddito complessivo accertabile non ecceda di due terzi il reddito dichiarato (pertanto scostamento notevole del 66,67%, vale a dire casistiche davvero eclatanti).

In parole povere, è evidente che il regime premiale è di grande interesse. Ottenere le riduzioni accertative descritte in precedenza, unitamente alla riduzione della tempistica del controllo ed in considerazione, di contro, dell’attenzione “spostata” sui soggetti meno affidabili, esalta in maniera chiara l’obiettivo di compliance e l’interesse del contribuente ad ottenere, anche mediante adeguamento dichiarativo, i premi previsti dalla legge. Non resta che attendere i futuri provvedimenti e comprendere quali meccanismi applicativi saranno introdotti per le diverse categorie professionali, soprattutto per conoscere gli adeguamenti necessari per raggiungere le agognate affidabilità. Nella speranza che tale sistema si riveli meno “assillante” e invadente di Gerico.

 

Sottotitolo:
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi