Forfettari allo sbando

Con la legge di bilancio 2019 sono state apportate importanti modifiche al regime dei forfettari che ne estendono l’ambito di applicazione. È stato innalzato e generalizzato per tutte le attività a 65.000 euro il limite di ricavi per accedere al regime e per non fuoriuscirne. Inoltre, sono state rimosse le cause di esclusione riferite all’ammontare

Con la legge di bilancio 2019 sono state apportate importanti modifiche al regime dei forfettari che ne estendono l’ambito di applicazione. È stato innalzato e generalizzato per tutte le attività a 65.000 euro il limite di ricavi per accedere al regime e per non fuoriuscirne. Inoltre, sono state rimosse le cause di esclusione riferite all’ammontare dei beni strumentali e al costo del lavoro. Restano immutati i coefficienti moltiplicativi da applicare agli incassi per determinare il reddito che è sempre soggetto all’imposta sostitutiva (dell’Irpef, addizionali e Irap) del 15%, con possibilità in caso di forfetari start up di applicare l’imposta super ridotta del 5%.

 

Le nuove barriere

La legge di bilancio 2019, tuttavia, introduce nuove cause di esclusione che, ad oggi, costituiscono l’aspetto critico, in assenza di indicazioni puntuali da parte degli organi competenti.

 

È bene sottolineare che le domande poste dalle testate giornalistiche specialistiche a cui l’agenzia delle entrate ha fornito risposta in occasioni delle recenti videoconferenze, di fatto, sono risultate del tutto inutili, posto che nell’ordine hanno sottoposto:

  • questioni la cui risposta non poteva che essere, … l’enfasi dell’ovvio;
  • problemi già precedentemente risolti in via interpretativa (Risoluzione n. 64/2018: passaggio da semplificato a forfetario e viceversa): ingenerando peraltro, paradossalmente, dubbi su questioni che erano pacificamente consolidate.

 

Non miglior effetto hanno sortito alcune interrogazioni parlamentari che, a causa della vaghezza e improbabilità di quanto sottoposto, non hanno fornito (mi riferisco ora alle risposte) alcun utile contributo alla comprensione della norma.

 

La s.r.l trasparente – persa per strada

Ciò detto, osserviamo che una parte della norma (che oggi si presenta oggettivamente critica) in verità è stata maldestramente scopiazzata dal passato: fino al 2018 non era consentito l’accesso al regime forfettario agli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipavano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone o associazioni di cui all’art. 5 del Tuir, ovvero a S.r.l. trasparenti di cui all’articolo 116 del Tuir.

Ebbene, la versione in vigore dal 1° gennaio 2019, non contiene più le S.r.l. in trasparenza.

 

Ordunque, se l’obbiettivo del legislatore è quello di rendere incompatibile la presenza all’interno del Modello Redditi dell’imprenditore ovvero professionista forfetari, del quadro LM (forfait) e del quadro RH (reddito di partecipazione imputato per trasparenza), allora l’assenza delle S.r.l. che hanno optato per l’articolo 1116 del Tuir, non si giustifica. È bene far presente che in via interpretativa è assolutamente impossibile colmare la lacuna posto che non ci si può appellare alla ratio della norma visto che precedentemente alla modifica della Legge di bilancio 2019nla norma espressamente lo prevedeva e il legislatore l’ha rimossa.

Andiamo avanti posto che l’aspetto ora evidenziato è solo la punta dell’iceberg delle criticità dei nuovi forfetari.

 

Il controllo di una associazione in partecipazione

Ebbene, dal 2019 è anche precluso l’accesso al regime forfettario agli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, se queste ultime esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dall’esercente attività d’impresa, arte o professione.

La formulazione normativa, come già anticipato, appare tutt’altro che lineare.

Partiamo dall’ovvio: come un soggetto forfetario possa anche solo potenzialmente controllare una associazione in partecipazione è un mistero della fede. Non ci dilunghiamo nello spiegare cosa sia una associazione in partecipazione e compiti e prerogative dell’associante e dell’associato, perché non vorremmo essere accusati di abusare della pazienza di chi ci legge. Dunque, andiamo oltre.

 

Attività della S.r.l. riconducibile al forfettario

Concentriamoci sul controllo diretto o indiretto di S.r.l. che esercita un’attività economica direttamente o indirettamente riconducibile a quella svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professione. Va detto sul punto che la ratio è chiara e ad avviso di chi scrive assolutamente condivisibile: lo scherzetto di suddividere i ricavi tra forfait e società in modo da non superate i 65.000 euro che farebbe fuoriuscire dal regime agevolato… non sa da fare!

Senonché, mettere insieme teoria e pratica è complicato; partiamo anche qui dal sufficientemente scontato: per comprendere se l’attività (della S.r.l) sia direttamente o indirettamente riconducibile a quella svolta con la partita Iva personale non ci si può basare sui codici ATECO (in tal senso la risposta ad una recente interrogazione parlamentare). Dunque, è pacifico che l’attività del commercialista (69.20.11) o consulente del lavoro è inconciliabile con la S.r.l. che svolge servizi contabili (63.11.11) o paghe.

Resta il fatto che in taluni casi i confini sono labili.

 

La vera domanda allora è: un forfettario che svolge attività di consulente (svolge servizi contabili e non è iscritto ad alcun albo) possedendo una partecipazione in una S.r.l. che si occupa di officina meccanica, posto che la maggior parte del fatturato del forfettario è realizzato con detta S.r.l. per la quale si occupa della contabilità e adempimenti amministrativi, può legittimamente svolgere la propria attività nel regime forfettario? Ci parrebbe che la risposta debba essere affermativa dal momento che le due attività sono assolutamente non riconducibili l’una con l’altra. E la risposta non si dovrebbe modificare anche se scopriamo che il nostro forfetario è amministratore unico di detta S.r.l. Senonché ci piacerebbe che il tutto fosse confermato dagli organi competenti.

 

Il controllo diretto o indiretto della S.r.l.

Passiamo all’altro aspetto ancora non chiarito, ossia il concetto di controllo diretto e indiretto.

Anche qui è abbastanza scontato rilevare che la norma non fa riferimento all’articolo 2359 del c.c. il che autorizza, nelle scontate intenzioni del legislatore, ad andare ben oltre al possesso della maggioranza dei diritti di voto in assemblea. Con il consueto e altrettanto scontato atteggiamento interpretativo restrittivo che caratterizza l’operato dell’amministrazione finanziaria (in questo caso a nostro avviso giustificato dalla ratio della norma), si propenderà per controllo anche di fatto (per vincolo contrattuale) o influenza dominante. Ebbene, visto che non stiamo parlando di quotate in borsa il timore è che per influenza dominante si possa considerare anche quella data dalla conoscenza scientifica o esperienza di mercato: s’immagini quel pensionato che per anni è stato commerciante gestendo un supermercato il quale apre la partita Iva nel regime forfetario per fare il consulente organizzativo nel settore della logistica e impiantistica di attività commerciali nel settore alimentare. Senonché il nostro pensionato possiede il 10% di un supermercato il cui 90% è in mano a soci di capitale che non saprebbero distinguere una barbabietola da una banana. Ci piacerebbe fosse chiarito che il nostro amico possa restare nel regime forfetario.

E ancora, un ingegnere forfettario che è amministratore unico di una società di ingegneria della quale non possiede alcuna partecipazione ma che gestisce in sostanziale autonomia? Come ben si sa l’amministratore unico ha l’ordinaria e straordinaria amministrazione della società. Ne ha il controllo oppure no?

A chi di dovere l’ardua sentenza!

 

Attività precedente svolta presso datore di lavoro

Nel previgente regime, l’esclusione in parola era di tipo quantitativo, posto che riguardava i soggetti che nell’anno precedente avevano percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente eccedenti l’importo di 30.000 euro. La nuova lettera d-bis) del comma 57 della Legge di bilancio 2019 prevede, invece, che non possono accedere al regime forfetario le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro.

 

L’esercizio di attività di lavoro dipendente, dunque, non preclude di per sé l’accesso al regime forfettario sempreché l’attività non sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro; la verifica di tale condizione si ritiene è data dalla prevalenza dei ricavi/compensi percepiti dal datore di lavoro rispetto a quelli totali dichiarati (in tal senso risposta in occasione di una Videoconferenza, ma occorreva chiederlo? L’enfasi dell’ovvio!).

In premessa segnaliamo che è già in avanzato stato di approvazione una integrazione alla norma. È precluso l’accesso al forfait se “l’attività è esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni”.

La domanda è legittima: che vogliano far fuori oltre ai dipendenti anche i collaboratori coordinati e continuativi, visto che i tirocinanti dichiarano reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, come i co.co.co. e sarebbero gli unici a cui si fa la grazia?

Chi vivrà, vedrà?

 

Torniamo a noi: nel 2017 e 2018 un lavoratore dipendente della società Zeus aveva anche la partita Iva e fatturava prevalentemente al proprio datore di lavoro. Può accedere al forfait nel 2019?

Se andiamo alla ratio della norma che è quella di evitare che un dipendente si dimetta e inizi fatturare al proprio datore di lavoro per sfruttare l’aliquota ridotta, la risposta è: si, può essere forfetario! Infatti, se la situazione era già consolidata prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, non può esserci costruzione elusiva. In altre parole, l’accesso al forfetario non dovrebbe essere precluso ai rapporti già in corso.

La ratio è una bella cosa ma le esigenze di gettito dell’Erario fanno poca filosofia. Aspettiamoci il peggio.

 

Sul punto s’innesta una ulteriore problematica: cosa succede se al nostro dipendente cui è precluso l’accesso nel 2019, scopre alla fine dell’anno che non ha emesso al suo attuale o ex datore di lavoro neanche una fattura e ha invece fatturato ad estranei che non hanno alcun collegamento con il datore di lavoro di cui trattasi? Anche su questo dubbio amletico occorrono lumi, senza comunque farsi molte illusioni: è probabile che soggetto entrerà nel forfait solo dal 2020.

Quanto sin qui scritto certamente non esaurisce dubbi e criticità dei nuovi forfettari, ma pensiamo che tenuto conto delle caratteristiche di questo contributo (fornire spunti) e della sede in cui è pubblicato (l’ospitalità di Confprofessioni), sia sufficiente per allertare tutti gli interessati (imprese, professionisti e amministrazione finanziaria) che sia necessario e urgente intervenire.

La norma per i forfettari che barano, accedendo al regime senza presupposti, comporta la maggiorazione delle sanzioni previste dal D.lgs. n. 471/1977 del 10%. Si tratta, quindi, di versare l’Iva non addebitata in fattura, ricorrendone i presupposti di versare l’Irap, di calcolare l’Irpef, nonché addizionale regionale e comunale, il tutto corredato, come detto, delle relative sanzioni (tra cui quella di mancata tenuta delle scritture contabili e mancata registrazione) incrementate del 10%.

 

Giusto colpite chi bara, ma immorale prendersela con chi in buona fede, in questa sagra dell’incertezza, è entrato nel regime.

Sarà bene che i chiarimenti arrivino velocemente perché è antipatico e talvolta anche molto complicato inondare i propri clienti di note credito scusandosi per l’accaduto.

 

 

Sottotitolo:
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi