Fisco per fiasco, il risparmio fiscale tra falsi miti e dura realtà

È tempo di dichiarazione dei redditi e, come ogni anno, iniziano i conteggi, le interpretazioni, le speranze, le palpitazioni, le delusioni a fronte di regole astruse, calcoli improbabili ed esiti particolarmente gravosi, posto che ormai la pressione fiscale/contributiva del bel paese ha raggiunto livelli astronomici. Nell’attesa di buone nuove sul fronte legislativo, è cosa nota

È tempo di dichiarazione dei redditi e, come ogni anno, iniziano i conteggi, le interpretazioni, le speranze, le palpitazioni, le delusioni a fronte di regole astruse, calcoli improbabili ed esiti particolarmente gravosi, posto che ormai la pressione fiscale/contributiva del bel paese ha raggiunto livelli astronomici.

Nell’attesa di buone nuove sul fronte legislativo, è cosa nota la clamorosa espansione di guide e corsi pratici sul “come pagare meno tasse”. Orbene, assodato che il farmaco per lenire un simile dolore non esiste se non applicando legalmente le disposizioni normative, urge effettuare considerazioni assai semplici, per comprendere con attenzione l’argomento di cui trattasi.

 

La scelta del professionista

In qualsiasi professione, il primo step fondamentale è fidarsi o meno del professionista a cui ci si è rivolti. Se si va da un dietologo in vista della “forma estiva”, poi non può pensarsi di adattare la propria dieta a seconda delle esigenze personali (della serie, stasera bevo una birra e mangio una pizza, ma domani salto la colazione). Se ci si rivolge ad un ingegnere per realizzare una casa, poi non è possibile ritenere di aprire porte e finestre a piacimento, coprire un terrazzo o togliere un pilastro, senza rispettare la normativa e senza verificare i vari vincoli esistenti. Se così si agisse con ci si potrebbe poi lamentare di avere una dieta inefficace o di realizzare un immobile non di gradimento. Ad ogni modo come indirizzare il rapporto è anche una questione che dipende dall’esperienza del professionista, dalla professionalità e passione con cui svolge il proprio lavoro e dalla possibilità di accontentare il cliente in funzione del “materiale” a disposizione, delle risorse e dei vincoli di vario genere che si incontrano nello svolgimento dell’incarico.

 

Il criterio per la scelta

Venendo al tema delle imposte, è impensabile, da ripetersi, impensabile, fare a meno del proprio consulente fiscale. L’analisi che impronta la ricerca del consulente riguarda la più o meno profonda conoscenza della materia e la capacità di districarsi in un sistema altamente confuso e spesso contraddittorio: è indispensabile rivolgersi ad un esperto del settore e non a qualcuno che alla lontana ragiona per luoghi comuni e per “sentito dire”.

Le valutazioni preliminari possono essere molteplici, ma alla fine tutto va ricondotto a chi concretamente affidare l’incarico, e non necessariamente la ricerca deve indirizzarsi verso la eccellenza del settore. Occorre valutare con ragionevolezza il tempo che il professionista dedicherà alla tematica, oltre che, ovviamente, cercare di comprendere sino a che punto conosce la materia, nonché sulla disponibilità a trovare le soluzioni corrette e sostenibili.

Se il consulente in questione è preso da (ben) altre problematiche, cosa che può accadere, allora il consiglio pratico è rivolgersi ad altri: è come andare dall’architetto impegnato nel realizzare un nuovo centro commerciale con 100 negozi e chiedergli di realizzare un caminetto in soggiorno, pregandolo anche di contenete i costi: è inevitabile che l’attenzione del professionista sia rivolta al centro commerciale; magari in virtù di alcuni retaggi (ad esempio, il consolidato rapporto di amicizia), l’architetto non vi dice di non aver tempo, ma in questo caso bisogna avere la preziosa intuizione di comprendere che non potrà, umanamente, darvi la giusta attenzione.

Inoltre, va affermato con convinzione e fermezza, bisogna non farsi abbindolare dai falsi miti, dalle chiacchiere da bar e dalle azioni mediatiche efficaci. Il risparmio fiscale esiste ed è raggiungibile, ma bisogna farlo nel rispetto della legge e conoscendo le possibilità che si offrono al riguardo.

 

Deduzioni e detrazioni, il porto sicuro

Andando alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, in primo luogo è importante conoscere i poliedrici meccanismi degli oneri deducibili e detraibili e la corretta suddivisione dei carichi di famiglia. In merito non esistono alchimie particolari o conoscenze soprannaturali. L’agenzia delle entrate negli ultimi due anni ha fatto un mirabile lavoro al riguardo, culminato nelle rispettive circolari n. 7 degli anni 2017 e 2018. Trattasi in sostanza di veri e propri prontuari, riferiti ad ogni singolo rigo della dichiarazione dei predetti oneri, in forza dei quali è possibile comprendere come massimizzare i relativi benefici fiscali. Ovvio che in questa fase il ruolo del consulente è comunque fondamentale per la corretta interpretazione di alcune particolarità.

Facciamo un esempio banale. Se si ha in animo di ristrutturare il proprio immobile e al contempo effettuare lavori antisismici e lavori finalizzati alla prevenzione degli atti illeciti, bisogna sapere che il limite di spesa è di 96.000 euro per tipologia di lavori ma è anche unico se tutti questi lavori sono effettuati sullo stesso immobile nello stesso anno. Pertanto, l’errore grave che si potrebbe commettere è di eseguire le tre diverse tipologie di lavori nello stesso anno: in questa ipotesi il limite di spesa, trattandosi dello stesso immobile, si ferma a 96.000 euro. Se, invece, le spese sono effettuate in anni diversi, si avrà per ognuno dei diversi lavori, anche se eseguiti sullo stesso immobile, il limite di 96.000 euro.  

Sui carichi di famiglia, invece, bisogna rammentare che un soggetto è ritenuto fiscalmente a carico quando ricorrono le condizioni normative, ossia essere annoverato tra i familiari dell’articolo 12 del Tuir e aver percepito un reddito non superiore a 2.841 euro, mentre se vi sono “altri familiari” è anche necessaria la convivenza ovvero l’accollo delle spese utili per la vita di detti soggetti, mentre a nulla rileva l’attribuzione della spettanza delle detrazioni. 

In pratica, un soggetto rimane fiscalmente a carico anche se il contribuente decide di non attribuirsi alcuna percentuale di detrazione e questo assunto è importante perché tale comportamento non impedisce però al contribuente medesimo di fruire delle deduzioni e delle detrazioni per le spese comunque sostenute per detti familiari. In tal modo è possibile massimizzare le detrazioni e le deduzioni, “spostando” legittimamente i carichi di famiglia e le spese sostenute per i familiari, nel rispetto delle regole.

 

Le improbabili scorciatoie

Ciò posto, nelle altre direzioni sono possibili solo corrette interpretazioni della norma, che transitano per la migliore organizzazione possibile da effettuarsi in base prospettica. In sede di dichiarazione, infatti, il “dado è tratto” e non sono possibili magie di sorta, mentre la giusta programmazione può dare ottimi risultati in chiave futura. Il punto, però, è che spesso si cercano scorciatoie più o meno improbabili ed in questa sede si vogliono offrire degli spunti di riflessione per evitare guai maggiori. Come detto, il mondo fiscale richiede la giusta conoscenza e non è possibile improvvisare: i falsi miti sono simili alle diete fai da te, prima si dimagrisce (ossia si risparmia) e poi si diventa ancora più grassi (che in campo fiscale si traduce con un rischio di un accertamento elevato e spiacevoli conseguenze magari anche di altro genere). Vediamo nel dettaglio le tematiche “calde” e la mitologia diffusa relativa.

 

Uso della vettura, come dedurre di più?                                                                     

Esiste la possibilità di dedurre più del 20% del costo della vettura (una ordinaria berlina) usata per la professione? No, tranne che non si sia in presenza di una vettura strumentale. Ma può un professionista attestare che la vettura è strumentale per il suo lavoro? Francamente trattasi di mission impossibile. E quelli che dicono che può farsi come qualche consulente che dice al perito agrario che lo cheroKee lo dedurre al 100% perché lo utilizza andando per campi?? Appartengono alla categoria dei seguaci del famoso principio: “che Dio la mandi buona”, facilmente applicabile soprattutto quando a rischiare il recupero fiscale sono gli altri. Peraltro le regole restano immutate in qualsiasi modalità di utilizzo della vettura, anche se si ricorre al leasing o al noleggio lungo termine. L’articolo 164 del Tuir si applica senza deroghe. Perdete ogni speranza o voi che volete rispettare la norma.

 

Dedurre le spese per i familiari o “affini”, amanti inclusi

Qui si entra nel campo della eterna perdizione. Bisogna trovare il metodo per dedurre le spese dei figli che studiano lontano, del coniuge che bada alla famiglia, dell’amico/a con cui si trascorrono week end di sana trasgressione (magari da ritenere “costo inerente” in quanto apporta benessere mentale al professionista). Ebbene, non esiste soluzione legittima.

La proposta “improbabile” (e indecente) che si sente al riguardo è di far aprire una partita IVA a detti soggetti, magari con il metodo forfettario, per poi fargli fatturare delle “prestazioni ipotetiche di fatto mai rese” in modo da poterle dedurre. In sostanza, il professionista deduce dette spese con aliquota marginale piena mentre il familiare (o amante) tassa al 5% con un minimo di contributi e tutti vissero felici e contenti. Il punto dolente è: ma che attività reale fanno questi soggetti? Se è tutto inventato, si tratta di una goliardata, da annoverare nel richiamato principio del “che Dio la mandi buona”, ovvero si rischia qualcosa di serio?

Bene, qui le alternative sono tre:

1) nessuno si accorge del giochetto e va tutto in cavalleria (oggi con i sistemi di anagrafe tributaria e la notevole mole di informazioni, sembra un azzardo);

2) il fisco si accorge di quanto accaduto e il risultato è mediamente positivo nel senso che avvengono i dovuti recuperi fiscali (e qualcuno si chiederà: come mediamente positivo, visto che scattano accertamenti? Attendete la alternativa n. 3);

3) oltre agli accertamenti, scattano i reati penali in capo ai familiari, quali emittenti di false fatture e in capo al professionista, quale utilizzatore di false fatture. Con i complimenti più sentiti per la felice e splendida intuizione. Si tratta di risparmio? No, di gioco d’azzardo.

 

Una bella pubblicità non si nega a nessuno

Sul punto si registrano interpretazioni euforiche: la Cassazione ha affermato che fino a 200.000 euro, le spese di tal sorta sono sempre di pubblicità, come presunzioni assolute. Ed allora via libera e bando agli schemi, pubblicità, pubblicità e ancora pubblicità, a tutto spiano.

E’ vero tutto ciò? Ovviamente no, perché la stessa Cassazione ripetutamente afferma che un costo, affinché sia considerabile inerente, deve essere ritenuto sempre proporzionato nel relativo ammontare. Dunque non serve “fare le cose per bene”: della serie facciamo un bel contrattino, e passa la paura.

Gli elementi necessari minimi sono il contratto con data certa, la documentazione della pubblicità ricevuta (foto di striscioni pubblicitari, di loghi, video afferenti i passaggi televisivi, etc), i pagamenti tracciati; l’elemento indispensabile è che tutto sia, oltre che ovviamente veritiero anche credibile in termini di proporzione del costo sostenuto. Tradotto, a nessuno venisse in mente di pubblicizzare una squadra di terza categoria di calcio pagando 30 mila euro per un cartellone pubblicitario, magari anche a fronte di un fatturato professionale di soli 200 mila euro. Anche se tutto è fatto a “regola d’arte” e non si scorge il falso (sia chiaro, pericolo ben peggiore), la “puzza di zolfo” si sente a miglia di distanza ed è evidente che l’attacco del fisco arriverà tramite la contestazione di sproporzione ed antieconomicità della scelta, capisaldi accertativi da sempre premiati dalla giurisprudenza. Pertanto la pubblicità va bene, ma nei limiti dell’umana decenza.

 

Acquisto e ristrutturo l’immobile, come deduco tutto?

La grande intuizione in merito arriva dal seguente schema: il coniuge del professionista, fiscalmente a carico, acquista l’immobile con i soldi del professionista; dopo di che si stabilisce un fitto per l’immobile, in modo che il professionista “scarica” il suddetto costo alla sua aliquota marginale massima, mentre il coniuge dichiara con la sua aliquota minima; il professionista esegue anche tutte le spese di ristrutturazione, finanche strutturali, deducendo i costi e detraendo l’IVA. Tutto bello, se non per una fatidica domanda da parte del funzionario addetto al controllo: caro professionista, ma se l’immobile fosse il mio (invece che di sua moglie), avrebbe sostenuto tutte queste spese, anche strutturali, peraltro continuandomi a pagare un bel fitto? Ai posteri l’ardua risposta, ma di certo il risparmio fiscale è alquanto traballante, perché nel fare questo glorioso schema ci siamo dimenticati di porre “solide e coerenti fondamenta”.

 

Apro la società di servizi e vado a nozze

L’ultima fantasia alquanto perversa riguarda la società di servizi. La società, infatti, applica il criterio di competenza (ovviamente se non trattasi di soggetto in regime semplificato) e, dunque, deduce i costi in riferimento al momento di ricezione della prestazione. Questo consente di “giocare” abilmente in rapporto al regime di cassa. Il professionista, infatti, potrebbe tranquillamente emettere una fattura cospicua per abbattere il reddito societario, “dimenticandosi” di richiedere il pagamento. Guarda caso, la società azzera il reddito e non tassa, il professionista non incassa, non realizza reddito e non dichiara. E qui scatta l’applauso al tentativo. Perché sempre di tentativo si tratta, in applicazione dell’ormai noto principio “che Dio la mandi buona”. Dopo di che il primo che arriva a controllare e sostiene che come minimo si configura l’incasso giuridico da parte del professionista, perché non esiste ragione alcuna economica (se non l’evasione) a non incassare, non potrà che avere ragione, con tanto di scuse affrettate per la dimenticanza, onde evitare l’incattivamento del controllore e qualche contestazione più pericolosa (come la dichiarazione fraudolenta mediante artifizi).

 

Conclusioni

A ben vedere, il rischio concreto di seguire determinati percorsi mitologici è di incappare in un clamoroso “fiasco”. Le esperienze sono molteplici, tutti i professionisti (seri e veri) di settore ne conoscono una marea. Ma essendo seri professionisti, si guardano bene dal dare suggerimenti avventati, perché riescono a valutare a 360° tutte le implicazioni. Pertanto, così come se si vuole dimagrire, la dieta deve essere seguita in maniera ferrea, così se si vuole essere in regola con il fisco bisogna seguire i consigli del professionista di fiducia alla lettera, evitando clamorosi scivoloni. Altrimenti mandiamo tutto a tarallucci e vino, portiamo fieramente in giro “la panzetta” estiva ma nella piena consapevolezza che qualcosa non va e che magari a qualcuno non piacerà (al partner la panzetta, al fisco l’escamotage di bassa leva).

Il rischio verso il partner è che ci lasci, quello verso il Fisco è ci prenda,…e non ci molli!!

 

 

Sottotitolo:
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi