Accertamento al professionista di maggior reddito. Scomputo delle perdite e riconoscimento di errori commessi a proprio danno

Nella gestione di un controllo da parte dell’amministrazione finanziaria è ovvio che la prima attenzione deve essere posta ai rilievi che vengono mossi, allo scopo di poter contenere i recuperi imponibili e giustificare il più possibile le scelte effettuate. L’ordinamento, però, consente anche ulteriori possibilità legali di riduzione degli importi richiesti dal fisco, che è

Nella gestione di un controllo da parte dell’amministrazione finanziaria è ovvio che la prima attenzione deve essere posta ai rilievi che vengono mossi, allo scopo di poter contenere i recuperi imponibili e giustificare il più possibile le scelte effettuate.

L’ordinamento, però, consente anche ulteriori possibilità legali di riduzione degli importi richiesti dal fisco, che è necessario conoscere per poter richiedere la relativa applicazione. Trattasi di due situazioni:

  1. La richiesta di riconoscimento delle perdite, sia di periodo che pregresse, argomento su cui si è registrato l’intervento della circolare n. 15 del 2017;
  2. La richiesta di correzioni a favore del contribuente, espletabile anche durante la fase accertativa.

Nel presente contributo non si intende essere tecnici, ma semplicemente segnalare le due opportunità in precedenza richiamate.

 

Lo scomputo delle perdite

Quanto alle perdite, la norma di riferimento è l’articolo 25 del D. Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 che, modificando l’articolo 42 del DPR 600/73 (nonché facendo analoghi interventi anche nella disciplina dell’istituto dell’accertamento con adesione) prevede la possibilità, per il contribuente, di procedere al computo in diminuzione delle perdite fiscali (imposte sui redditi) nei procedimenti di accertamento. Ciò al fine di determinare il giusto reddito accertabile, tenendo conto nella sostanza di quel che sarebbe accaduto se il contribuente, nell’anno accertato, avesse già dichiarato gli ammontari recuperati dal fisco, scomputandosi però la perdita disponibile.

In termini pratici, se un professionista nell’anno X ha realizzato una perdita di 2,000, non utilizzata, in caso di successivo accertamento con recupero di maggiori compensi per 10.000, è evidente che il reddito da ricalcolare è pari a 8.000, come se sin dalla dichiarazione originaria detto contribuente avesse dichiarato i 10.000 euro di compensi in più, nettizzando la relativa perdita di 2.000.

La norma in particolare interviene in due direzioni:

  • Per  le perdite di periodo, è l’ufficio competente che nell’emanare l’avviso di accertamento effettua direttamente lo scomputo della perdita originariamente dichiarata. Ciò a condizione, ovviamente, che la stessa non abbia subito utilizzi (per i professionisti trattasi nella generalità dei casi di un utilizzo “orizzontale” nell’ambito della dichiarazione dei redditi dello stesso anno con altri eventuali redditi del periodo);
  • per le perdite pregresse, lo scomputo dal quantum accertato avviene solo su richiesta del contribuente (che deve eseguire un’apposita istanza con il modello denominato IPEA). In particolare, per esplicita previsione normativa, deve trattarsi di perdite maturate in periodi antecedenti a quello oggetto di controllo e soprattutto devono essere perdite ancora disponibili. Le perdite pregresse possono essere utilizzate dopo le perdite di periodo e ovviamente devono rispettare la relativa normativa fiscale di formazione e riporto (nonché limite di utilizzo) nei periodi d’imposta successivi. Limitatamente al mondo professionale trattasi di situazioni che possono interessare sicuramente le società tra professionisti, nonché coloro che hanno aderito al regime dei minimi e hanno delle perdite fiscali riportate.

L’utilizzo delle perdite non è di scarsa importanza, posto che in questo modo si determinano imponibili minori e soprattutto correlate imposte e sanzioni più basse: insomma, si ottiene una significativa riduzione degli importi contestati.

 

Lo scomputo delle perdite dell’anno compete all’Ufficio

Si è detto che per le perdite di periodo lo scomputo è operato in automatico dall’ufficio accertatore, il quale potrà determinare un maggiore imponibile al netto della perdita (che dunque si azzera), ovvero procedere ad una riduzione (o anche azzeramento) della perdita medesima senza maggiori imponibili. Come precisato dalla circolare n. 15 del 2017, l’ufficio competente che notifica l’avviso di accertamento o predispone l’atto di adesione deve dare adeguata motivazione degli importi rettificati, soprattutto per consentire la gestione degli eventuali utilizzi della perdita medesima.  Ciò in quanto:

  • se la perdita è stata riportata nei periodi d’imposta successivi (si pensi ai contribuenti minimi) in base al nuovo comma 3-bis dell’articolo 36-bis del DPR n. 600 del 1973 dovrà essere rettificato il riporto della perdita ancora disponibile (si immagini una perdita originaria di 1.000, rettificata dall’Ufficio a 600). Se la perdita è stata utilizzata nei periodi d’imposta successivi, bisognerà rettificare gli imponibili limitatamente all’ammontare di perdita non più disponibile (riprendendo l’esempio, si immagini che la perdita di 1.000 sia stata utilizzata per 800; è evidente che bisognerà recuperare l’imponibile di 200, posto che la reale perdita disponibile era 600 e non quella utilizzata pari a 800);
  • se la perdita è stata utilizzata in compensazione orizzontale, sarà necessario subito tenerne conto (anche se la circolare n. 15 del 2017 non affronta il tema, è evidente che in questa ipotesi si procederà al recupero dei redditi compensati con la perdita non più esistente).

 

Lo scomputo delle perdite pregresse compete al contribuente su istanza

Per le perdite pregresse, invece, facendo riferimento al Provvedimento del 12 ottobre 2016, è necessario produrre il modello IPEA esclusivamente per via telematica. In detto modello si procede anzitutto all’identificazione della perdita pregressa (illustrando la tipologia della stessa, ossia se è riportabile senza limiti temporali o meno, o ancora se è utilizzabile per le società di capitali nella misura dell’80%) e al relativo utilizzo già effettuato. Ciò in quanto, come detto, le perdite pregresse utilizzabili sono solo qualle:

  • antecedenti all’anno di accertamento;
  • ancora disponibili al momento di presentazione del modello IPEA;
  • usate nel rispetto della normativa applicabile nell’anno di formazione.

Il contribuente è pienamente libero di chiedere quale perdita utilizzare, ma deve fornire tutte le informazioni richieste all’Ufficio competente, che poi è chiamato a controllare l’esattezza della richiesta, comunicando l’importo della perdita utilizzata e riliquidando l’atto di accertamento. Sul piano pratico è bene ricordare che in caso di accertamento già notificato, la richiesta di utilizzo della perdita deve essere effettuata entro il termine di scadenza del ricorso tributario. Tale termine, in via ordinaria, è di 60 giorni ma potrebbe essere dilatato a 150 giorni in presenza di un’istanza di accertamento adesione o ancora a 91 giorni nel caso dell’interruzione feriale, potendo anche divenire di 181 giorni se si intercettano entrambe le interruzioni. Ebbene, una volta prodotto il modello IPEA, si aggiunge un ulteriore periodo di sospensione di 60 giorni, entro cui l’ufficio competente procede alla valutazione della richiesta e a fornire la risposta al contribuente, con tanto di riliquidazione degli importi accertati.

Relativamente alle perdite pregresse, a differenza di quelle di periodo, non si pongono problemi di controlli sulle annualità successive a quelle oggetto di controllo, proprio in quanto le sole perdite utilizzabili sono quelle ancora disponibili al momento dell’istanza, dunque al netto di eventuali utilizzi già fruiti.

È chiaro, pertanto, lo scopo del legislatore: determinare in maniera corretta il reddito accertabile, favorendo anche il contribuente che si vedrà attribuire un imponibile minore, con relative imposte ridotte e sanzioni di riferimento più basse (che si ricorda sono definibili nella misura di 1/3). In termini pratici, se le imposte accertate sono 2.000, con sanzioni di riferimento di 1.800 (nel caso di infedele dichiarazione la misura delle sanzioni ordinarie è pari al 90%, salvo alcune eccezioni), laddove una perdita pregressa o di periodo riduca le imposte a 1.000, anche le sanzioni si ridurranno a 900, con la possibilità di definizione a 300 (1/3). È evidente il risparmio che si riesce a concretizzare.

 

Il riconoscimento degli errori commessi dal contribuente a proprio danno

L’altra novità importante del legislatore in sede di accertamento è contenuta nell’articolo 5 del DL 193 del 2016, che nel disciplinare la possibilità di produrre dichiarazioni integrative a favore ha chiaramente sancito (nuovo comma 6-quinqies dell’articolo 8 del DPR 322/98) che le posizioni vantaggiose per il contribuente possono essere fatte valere anche in sede di accertamento. È il caso di comprendere l’applicazione pratica di una simile disposizione. Si immagini la mancata contabilizzazione di un costo o spesa deducibile o ancora la non corretta imputazione di un ammortamento (calcolato con errore a danno del contribuente).

Ebbene, in sede di controllo, tali errori potranno essere fatti valere e l’ufficio dovrà tenerne obbligatoriamente conto nel liquidare il nuovo reddito imponibile. Ne deriva, ad esempio, che in caso di recupero di 1.000 di compensi, la presenza di costi errati per 400 potrà essere fatta valere, con un reddito accertato di 600. Oppure ancora si pensi alle conseguenze di un cambio di regime imposto al professionista accertato. Potrebbe essere il caso di un contribuente minimo o forfettario, cui viene addebitata la non sussistenza dei requisiti, con passaggio al regime ordinario. In questa circostanza, oltre a far valere tutti i componenti negativi (particolare rilevante soprattutto per coloro che sono forfettari), si potrà anche richiedere il riconoscimento di tutto il mondo degli oneri deducibili e detraibili, quali i carichi di famiglia, la deduzione per i contributi, la detrazione per le spese mediche e ogni altro beneficio di cui il contribuente abbia adeguata documentazione.

In definitiva, le possibilità per contenere gli imponibili non mancano. Ovvio che l’auspicio è di non essere accertati, ma se accade è importante sapere che qualche segnale di speranza comunque c’è.

Sottotitolo:
a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi